Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Un brano per il piccolo Di Matteo e da Napoli il parroco anticamorra chiede una strada in ogni paese

Si chiama «Cosa vostra» ed è dedicato al piccolo Giuseppe Di Matteo il brano musicale che hanno composto i cantautori Giuseppe Anastasi e Davide Lorrè, quest’ultimo fondatore e frontman degli Shakalab.

«Lo abbiamo scritto un anno fa - spiega Anastasi, l’autore di alcuni grandi successi di Arisa - e l’arresto di Matteo Messina Denaro ci ha sollecitato ora a pubblicarlo sulle piattaforme social». I due cantautori sono legati a Torretta Granitola, borgata costiera di Campobello di Mazara, paese dove il boss ha vissuto gli ultimi anni della sua latitanza. A Torretta Granitola sia Anastasi (ha scritto per Arisa, Noemi, Emma, Anna Tatangelo, Michele Bravi, Tazenda) che Lorrè hanno mosso i loro primi passi da artisti. La canzone racconta la nota vicenda del sequestro e della successiva uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo. Tra i mandanti dell’uccisione del piccolo Giuseppe c'è anche Matteo Messina Denaro, arrestato dopo una lunghissima latitanza durata 30 anni.

Dalla provincia di Napoli arriva invece la richiesta di dedicare una strada a Giuseppe Di Matteo. «Ero a Palermo - dice don Maurizio Patriciello, il parroco anticlan di Caivano - il giorno in cui è stato arrestato Matteo Messina Denaro. Sono stato, qualche anno fa, a San Giuseppe Jato, nel covo dove, dopo 779 giorni di orribile prigionia, fu strangolato il piccolo Giuseppe Di Matteo, prima di essere sciolto nell’acido. Mi sembrò di scendere all’inferno. Insieme al mio carissimo confratello don Fortunato Di Noto e a tante persone buone, e interpretando il desiderio della stragrande maggioranza di italiani, chiediamo che in ogni paese siciliano - e non solo - venga intitolata una strada al “piccolo Giuseppe Di Matteo. Martire della mafia”». Per il suo impegno contro la camorra e lo spaccio di droga, don Maurizio è da diverso tempo sotto scorta, a causa delle minacce che gli sono state rivolte dai clan. «I giovani di oggi e di domani - scrive ancora il parroco - debbono conoscere il calvario cui fu sottoposto questo loro innocente coetaneo. Perché non abbia a ripetersi mai più. Per non dimenticare. Per sperare di essere domani migliori di come fummo ieri».

Caricamento commenti

Commenta la notizia