«Oggi sono per l’ennesima volta a Palermo, nell’Aula Bunker dell’Ucciardone famosa per i maxiprocessi contro i mafiosi, per il processo OpenArms. Rischio fino a 15 anni di carcere per avere difeso l’Italia e i suoi confini, salvando vite e facendo rispettare la legge». Lo scrive il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini su Facebook. «Sono attesi come testimoni dell’accusa Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese, non ci annoieremo», aggiunge il leader della Lega. L’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, ha detto che «è già pronta e sarà depositata lunedì in sei procure della Repubblica una denuncia». Il legale si riferisce alle rivelazioni sul sommergibile Venuti della Marina che nell’agosto 2019 aveva ripreso, fotografato e registrato l’attività della Ong spagnola, senza che l’importante informativa fosse inserita nei fascicoli valutati dalla magistratura e in particolare da Tar e procure e senza che potesse essere visionata dal Parlamento. Secondo l’accusa, Salvini avrebbe illegittimamente negato alla Ong Open Arms con 147 profughi salvati in mare, ad agosto 2019, di approdare a Lampedusa e altrettanto illegittimamente avrebbe tenuto a bordo i migranti privandoli della libertà personale. Per questo l'allora ministro degli Interni è imputato di rifiuto di atti d’ufficio e sequestro di persona. «Non ricordo di aver mai sentito parlare della presenza di terroristi a bordo della Open Arms che aveva soccorso i migranti ad agosto del 2019», ha detto l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, leader dei 5Stelle, deponendo al processo. «Non ricordo neppure - ha aggiunto Conte - che qualcuno mi abbia parlato di possibili accordi tra la Open Arms e gli scafisti alla guida dei barconi soccorsi». Conte poi ha parlato di come il governo affrontò il problema degli sbarchi. «Costrinsi i leader europei - ha detto - ad affrontare il tema dei flussi migratori radicalmente, fermando la discussione nel corso di un vertice europeo e minacciando che non saremmo andati avanti se non avessimo affrontato questo argomento e concordato che la gestione dei flussi non poteva essere affidata ai Paesi di primo approdo. Ci fu un litigio, uno scontro dialettico con i leader di Francia e Germania, in particolare, e restammo tutta la notte a parlarne finché nelle conclusioni ottenni la formula degli "sforzi congiunti"». Il tema è quello della redistribuzione dei profughi tra i Paesi europei. «Da subito quando mi insediai nel 2018 - ha spiegato Conte - compresi che uno degli aspetti fondamentali era ottenere un passo avanti dall’Europa nella gestione complessiva del fenomeno, cioè non potevamo gestire il fenomeno da soli e infatti elaborai di mio pugno con il mio staff e con diplomatici un progetto da presentare ai leader europei». Da qui la decisione, al primo vertice europeo, nel giugno 2018 di presentare «un documento con 10 obiettivi che voleva affrontare il tema complessivamente - ha proseguito - e c'era un passaggio centrale sulla redistribuzione come momento di organica politica per la gestione e la regolazione dei flussi a livello europeo. Di fronte ai colleghi degli altri Paesi che volevano trattare la questione come uno dei punti all’ordine del giorno mi impuntai», ha affermato. «Non ho mai detto che la condizione per autorizzare lo sbarco dei migranti dovesse essere la loro redistribuzione preventiva», ha anche detto l’ex premier, rispondendo alla domanda dell’avvocata Giulia Bongiorno. «La condizione per la concessione del porto sicuro e quindi dello sbarco era che prima fosse stata concordata la redistribuzione dei migranti?» ha chiesto l’avvocato Bongiorno. «È evidente - ha aggiunto il teste- che ottenere la solidarietà europea e un riscontro su distribuzione e poi arrivare allo sbarco sarebbe stata la situazione ottimale, ma non mai sostenuto che se non c'era la redistribuzione non si poteva concedere il porto sicuro». «Noi - ha detto invece l'ex ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, testimoniando al processo - abbiamo messo sempre in primo piano il salvataggio delle persone». Rispondendo alle domande del pm Gery Ferrara, Lamorgese ha sottolineato dunque la differenza di linea del suo dicastero rispetto a quello del predecessore, il leader della Lega ora sotto processo. «La condotta del comandante dell’imbarcazione intervenuta in soccorso dei profughi incideva sulla concessione del porto sicuro?», le chiede il pm. «No - ha risposto la teste - e poi le ong durante il mio dicastero non hanno mai violato le regole, entrando nelle acque territoriali prima della concessione del pos. Eventuali irregolarità potevano riguardare il mancato rispetto della filiera nella comunicazione dei salvataggi, non altro». Lamorgese ha precisato che durante la sua permanenza alla guida del Viminale i tempi di attesa del pos per le navi delle ong era di media 2 o 3 giorni. «Si arrivava a 7-8 solo se c'era da concordare la redistribuzione con altri Paesi», ha precisato.