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Portò il marchio «Fratelli la bufala» a Palermo e Trapani, assolto da bancarotta

Uno dei punti aperti a Palermo

Il gip di Palermo, Walter Turturici, ha assolto in abbreviato, perchè il fatto non costituisce reato, l’imprenditore napoletano Fabio Sodano, 60 anni, accusato di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta fraudolenta preferenziale per aver distratto centinaia di migliaia di euro come amministratore della Srl Napa 1 e di aver privilegiato fornitori e impiegati rispetto ad altri per i pagamenti. Nel 2008 l’imprenditore piombò a Palermo aprendo cinque grandi ristoranti-pizzerie, con il marchio mondiale FLB e Vulkania, dando lavoro a 167 dipendenti. Una pizzeria aprì anche a Trapani. Divenne subito obiettivo della mafia che gli chiese il pizzo.

Nel 2015 Sodano, che è difeso dall’avvocato Vanessa Fallica, subì la prima procedura fallimentare, con la chiusura di tre locali, e lui cercò di salvare altre due società che gestivano le pizzerie «Fratelli la Bufala pizzaioli emigranti» in piazza Castelnuovo e in via D’Annunzio a Palermo. Scrive nella sentenza tra l’altro il giudice che «appare intrinsecamente contradditorio ascrivere il perseguimento di una finalità distrattiva all’amministratore della società fallita che risulti avere effettuato in favore delle casse della stessa immissioni di denaro di così consistente importo (e ciò in assenza, peraltro, di sicuri indici di fraudolenza, non identificabili sic et simpliciter nel fatto di non avere fornito al curatore le informazioni da questi richieste in ordine ai crediti non riscossi ed ai pagamenti effettuati a fornitori e dipendenti)».

Il gip prosegue: «Il dato testé esposto, oltre ad apparire incompatibile con la finalità distrattiva, attribuisce plausibilità all’assunto difensivo secondo cui, anzi, Sodano Fabio sarebbe stato mosso dall’intento di proseguire l’attività aziendale. E nel perseguimento dell’obiettivo di dare ulteriore corso allo svolgimento dell’attività di impresa lo stesso avrebbe proceduto all’effettuazione dei pagamenti a dipendenti e fornitori, ai quali l’ufficio di Procura ha attribuito natura preferenziale».

Sodano, un suo socio-dipendente, suo fratello Danilo denunciarono tentativi estorsivi e danneggiamento ordinati da mafiosi del calibro di Luigi Abbate detto Gino u mitra, Giulio Caporrimo, Giuseppe Arduino, longa manus dei Graviano di Brancaccio. Diverse famiglie di Cosa nostra erano interessate alla spartizione del pizzo dei ristoranti La Bufala i cui gestori erano definiti dai mafiosi «sbirri». «Abbiamo voluto dimostrare - dice Fallica - un’immagine di correttezza e di limpidezza sul piano morale di Sodano il quale, nella sua spietata lotta alla criminalità, non ha mai manifestato l’intento fraudolento con lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, rendendo impossibile la ricostruzione del movimento degli affari. Nessuna condotta illegittima poteva essere imputata all’imprenditore che anzi, al fine di tutelare le aziende ed i lavoratori, più volte è intervenuto con il suo patrimonio personale».

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