Il marito è a corto di piastrine e rischia una emorragia celebrale o l’infarto. Eppure, non si può fare nulla se non attendere il peggio. Visto che il meglio, e cioè la trasfusione, non è possibile farla: mancano le sacche di sangue e il paziente in cura per una grave forma di tumore al cervello se ne deve tornare a casa dopo 5 ore di stazionamento in barella al pronto soccorso del Cervello di Palermo. I medici hanno fatto l’impossibile, chiamando gli altri ospedali, ma la risposta è sempre la stessa. «A Villa Sofia ne avevano solo una - racconta la moglie, l’avvocato Maria Antonietta Pardo - ma dovevano tenerla per eventuali emergenze». Come se quella vita appesa a un filo non lo fosse. Una situazione che non è mutata da lunedì scorso e che resta critica. «Abbiamo riprovato attraverso il personale sanitario che ci assiste nelle cure - aggiunge la moglie - ma finora la risposta è sempre la stessa». È la ciliegina sulla torta di una sanità che l’avvocato descrive, tra luci e ombre, nell’esposto che sta per depositare in Procura. Gli unici fari in questa fitta nebbia di negligenze sono sicuramente i medici e gli infermieri «che sono degli eroi, lavorano in condizioni assurde ed in un sistema da terzo mondo», dice la Pardo. Le ombre calano sulla organizzazione e sullo stato dei presidi clinici, spesso abbandonati a se stessi e in balia della burocrazia regionale. Prima della corsa al nosocomio per le complicazioni della malattia, la donna si è imbattuta in un altro disservizio tamponato poi in extremis. «Ci siamo accorti della malattia mentre eravamo in vacanza quest’estate - racconta l’avvocato -. Ad agosto mio marito è arrivato al Policlinico dove è stato operato al cervello. Aveva una massa enorme che premeva e i medici sono stati bravissimi. Poi per venti giorni è entrato in coma, era tra la vita e la morte in Rianimazione. Ma si è risvegliato, sebbene con una paralisi». Il settantaquattrenne è tornato a casa e sottoposto alle cure: la chemio, una pillola da prendere ogni giorno e la radioterapia alla clinica Macchiarella. Per due cicli tutto a posto, poi la sorpresa: la commissione regionale aveva dimenticato di inserire il farmaco (tra quelli gratuiti) nel prontuario per il 2022. E si andava avanti con le scorte.