Avevano chiesto un prestito in banca per avviare un business con la droga, ma la holding criminale andò subito in malora, quando un socio finì in galera e uno dei due rimasti scoprì che l’altro aveva fatto la cresta sulla liquidità fornita dall’istituto di credito. Una mancanza di rispetto a cui si doveva porre rimedio immediatamente, con la restituzione dei soldi, una parte dei quali sarebbe stata consegnata alle famiglie dei detenuti, tanto che la questione fu portata all’attenzione del mandamento mafioso di Brancaccio. Il terzetto, che aveva messo in campo il progetto di acquistare a buon prezzo un carico di hashish, era formato da Federico La Rosa, 62 anni, uno degli arrestati nel blitz, da una persona che non è stata identificata e da Gianpiero Di Mariano, 49 anni, che ha sposato la figlia del «più famoso» Girolamo Castiglione, 68 anni, pregiudicato anche lui per reati legati alla droga, il cui nomignolo fin troppo eloquente è 'u spara spara, tirato in ballo proprio per difendere il genero dall’accusa di avere intascato una parte consistente del finanziamento, che doveva servire per avviare il traffico di stupefacenti. Era stato Di Mariano a presentarsi in banca per fare le pratiche e ottenere così il denaro, solo che invece dei 20 mila euro concordati ne aveva chiesti 8 mila in più e se li era messi in tasca senza dire nulla agli altri due. Inizialmente le rate mensili venivano divise in tre parti ma, dopo l’arresto di uno di loro, rimasto sconosciuto, le quote diventarono due. Però a un certo punto, La Rosa si sarebbe fatto i conti e avrebbe capito di avere sborsato più soldi del dovuto. Ed è proprio in questo frangente che il truffato si sarebbe rivolto a Girolamo Jimmy Celesia, uomo d’onore della famiglia di Brancaccio, per riavere la somma che il genero di 'u spara spara gli avrebbe sottratto con l’inganno. La Rosa, infatti, era consapevole che Jimmy «era quello che comanda a Brancaccio», come svela una conversazione intercettata dagli inquirenti attraverso lo spyware installato sul suo telefonino, e lo aveva contattato per aggiustare la faccenda. «Ora prendono botte suocero e genero perché questo che è venuto ieri da me - diceva La Rosa in casa della figlia - me lo ha portato lui, che sarebbe quello che comanda Brancaccio, questo che è venuto in scuderia da me... si è presentato, cose... io ne ho sentito parlare però non lo conoscevo, però lui dice che mi conosce, ieri è venuto ci siamo messi a parlare gli ho spiegato tutto il discorso. Dice non ti preoccupare, dammi due giorni di tempo dice che lui ti porta i soldi, perché ora prendono botte dice suocero e genero perché tanto loro ce li hanno promessi ieri... vengo a scoprire un’altra cosa che lui e Mimmo facevano 'u travagghiu con i soldi e il materiale e io non ne sapevo niente». Per dirimere la vicenda fu addirittura organizzato un summit a cui parteciparono, oltre a Di Mariano e a suo suocero, anche Onofrio Claudio Palma, 44 anni, e Giuseppe Ciresi, 33 anni, anche loro indagati, che avevano messo in contatto La Rosa con il referente del mandamento di Brancaccio. Durante l’incontro, che si svolse nella stalla di La Rosa, in via Santicelli, non mancarono i momenti di tensione. «Dopo 26 rate, 25 rate che ancora devo pagare... mi sono detto, ma com’è questo discorso! Per mezzo dei santi si va sempre in paradiso, chiamo un addetto e questo guarda e dice... "ma qua non è un prestito di ventimila euro ma di ventottomila euro"», diceva La Rosa a Castiglione, aggiungendo per rincarare la dose nei confronti di Di Mariano che «a te è dal primo giorno che ti dico Mimmo, a me mi dispiace perché tu sei una persona seria, una persona che sei rispettata, vedi che tu vai a sbattere la faccia al muro... Tuo genero con me non è che ha sbagliato solo in una cosa ma ha sbagliato in tante cose...». A nulla valevano le giustificazioni di u spara spara secondo cui il genero era in attesa di 15 mila euro da uno spacciatore con i quali avrebbe chiuso il debito. Ma La Rosa, che doveva devolvere una parte dei soldi alle famiglie dei detenuti, era stato irremovibile: «Quando sarà che si incassa si ci danno tutti ai carcerati, intanto io voglio i miei». (*fag*)