Appalti truccati nella sanità siciliana, il ruolo del carabiniere: "Condotta grave e spregiudicata"
Avrebbe approfittato della sua qualifica per effettuare intimidazioni. È l'accusa nei confronti di Loreto Li Pomi, 49 anni, originario di Cerda, carabiniere in servizio presso i Nas di Palermo e finito ai domiciliari nell'operazione della guardia di finanza sulle gare truccate nella sanità siciliana, che ha portato a dieci misure cautelari. Li Pomi faceva parte di un gruppo investigativo proprio sugli appalti pubblici e, secondo l'accusa, attuava un atteggiamento pressante e intimidatorio nei confronti di Fabio Damiani, ex manager dell'Asp di Trapani e condannato a sei anni e sei mesi nella prima tranche dell'inchiesta di due anni fa. Le pressioni di Li Pomi sarebbero arrivate per favorire una ditta, la HC, in una gara d'appalto, da qui sarebbero arrivati vantaggi per la Gereraym società facente capo a Massimiliano D’Aleo (vicino al carabiniere) che aveva accordi commerciali con HC. Li Pomi, si legge nelle carte dell'inchiesta, "ha esercitato continue pressioni nei confronti di Damiani, utilizzando notizie e informazioni conosciute grazie all’esercizio della sua funzione". Il fatto di fare parte di un gruppo dei carabinieri delegato a indagini sugli appalti pubblici gli avrebbe permesso di sfruttare illegalmente la sua posizione per turbare l’andamento di una gara pubblica e favorire indirettamente una società facente capo a D’Aleo. "La spregiudicatezza e gravità della condotta - scrivono i giudici - portano a ritenere lo stesso incline a tali condotte e capace di reiterarle.