La quarta sezione della Corte d’appello di Palermo ha assolto l’avvocato Nicolò Riccobene dall’accusa di favoreggiamento reale e ha dichiarato la prescrizione per altre due imputate, Rossella Collura e Giulia Valenti. I giudici hanno anche ridotto la pena al costruttore Francesco Graziano (da 4 anni a 3 anni e 4 mesi) e confermato la condanna della moglie, Maria Virginia Inserillo, che aveva avuto due anni. Per Riccobene (difeso dagli avvocati Enrico Sanseverino e Giovanni Di Benedetto), che in primo grado, col rito abbreviato, il 7 ottobre 2019 aveva avuto un anno e dieci mesi, si tratta della fine di un incubo, iniziato cinque anni e mezzo fa, quando era stato interdetto dall’esercizio della professione: era infatti coinvolto in un’indagine con l’accusa di aver agevolato il riciclaggio dei beni del suo cliente, Graziano, figlio del boss Vincenzo e ritenuto una sorta di longa manus finanziaria del padre detenuto. La misura interdittiva era stata quasi subito revocata dal tribunale del riesame, ma il giudizio era andato avanti. Davanti al gup Fabio Pilato gli imputati erano 14, ma per sette era scattata l’assoluzione e per due la prescrizione, perché il giudice non aveva riconosciuto l’aggravante dell’agevolazione di Cosa nostra. La prescrizione ora è stata applicata anche per Collura e Valenti: pure nel loro caso il reato di favoreggiamento è stato derubricato in trasferimento fraudolento di valori e per questo è stato cancellato dal lungo tempo trascorso dall’epoca dei fatti. Il collegio di secondo grado ha anche disposto la restituzione dei beni sequestrati e confiscati a Graziano e alle tre donne sotto processo. L’inchiesta aveva originariamente coinvolto pure l’avvocato Marcello Marcatajo, poi deceduto. Il processo era stato diviso in una serie di tronconi e si fondava sulle indagini della guardia di Finanza e del Nucleo di polizia valutaria. Riccobene, che aveva assistito i Graziano, era accusato di favoreggiamento reale per averli aiutati ad assicurarsi il pagamento del prezzo di due villette di Mondello. Data l’attenzione investigativa concentrata sulla famiglia mafiosa e di sangue, l’avvocato Marcatajo avrebbe evitato canali ufficiali e trasferito agli imprenditori mezzo milione, 150 mila a Francesco e 200 mila al fratello Angelo e tenendo per sé i rimanenti 150 mila. Riccobene avrebbe fatto da tramite, trasmettendo all’esterno le direttive impartite da Vincenzo Graziano, che era al 41 bis. Le accuse si sono rivelate del tutto infondate, al termine del processo di appello, in cui sono state accolte le tesi dei difensori dell’avvocato. Maria Virginia Inserillo era accusata invece di avere acquistato fittiziamente da Francesco Graziano, quando i due erano ancora fidanzati, una villetta di viale Aiace, a Mondello. Lo scopo sarebbe stato quello di accendere un mutuo a proprio nome, garantito da quell'immobile.