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È morto Fabrizio Serafini, storico titolare della gioielleria Matranga di Palermo

Fabrizio e Giuseppe Serafini

«Un grande signore in una Palermo molto difficile». Questo il ricordo che forse più caratterizza il marchese Fabrizio Serafini degli Abbati Trinci, storico gioielliere palermitano - gioielleria Matranga - e tassello di una città che va perdendo i suoi personaggi più illustri.

Morto all’età di 82 anni ha vissuto una vita piena, tra Palermo e Porano - il figlio Giuseppe lo ricorda come un «terremoto» -, tra ruoli di grande spessore e «imprese titaniche», legate alla ricostruzione del castello di famiglia.

All’età di 24 anni entra nel corpo della Guardia Italiana del Papa, che sarà poi definitivamente dismessa qualche anno più tardi, ricoprendo il ruolo dal 1964 al 1970, rimanendo comunque vicino agli ambienti vaticani fino al 1972.

Dal 1970 riprende la grande tradizione di famiglia di gioiellieri siciliani nella gioielleria di famiglia, aperta nel 1896 dal fondatore Antonino Matranga, trattando sempre i marchi più prestigiosi e creando due sue linee di successo.

Dal 1990 al 2010 ha ricoperto il ruolo di presidente dell’Accademia di cucina italiana, con la quale ha partecipato alla tre giorni che si tenne a Palermo nell’ottobre del 2000: una kermesse ricca di incontri, dibattiti e gite culturali, durante i quali fu riprodotto il cibo che i pellegrini consumarono nel corso dei secoli. Un evento che consolidò l’immagine della Sicilia e veicolò verso un target internazionale i prodotti delle aziende agroalimentari.

Dal 2004 si ritira a vita privata a causa della tragica scomparsa della figlia, dedicandosi totalmente all’impresa più grande: rendere fruibile il castello di famiglia, Castel Rubello, a pochi chilometri a sud di Orvieto. Il castello era diviso tra 6 eredi e il marchese provò in tutti i modi a rimetterlo in sesto. E in parte vi è riuscito, con un notevole sforzo finanziario e tantissima volontà, tanto che ad oggi il castello funziona come struttura ricettiva.

«Era una persona divertentissima - lo ricorda così il figlio, Giuseppe Serafini - era piacevole per tutti passare del tempo con lui. Ci ha sempre legato grande amore. È stato un grande signore in una Palermo ai tempi difficilissima, forse proprio questa sua grandissima signorilità l’ha aiutato».

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