Era ricercato dal 6 luglio dopo che era sfuggito ai provvedimenti di fermo nell’operazione Vento scattata contro gli esponenti del mandamento mafioso di Porta Nuova dopo l’omicidio di Giuseppe Incontrera avvenuto lo scorso 30 giugno. Nicolò Di Michele, 32 anni, è stato catturato dai carabinieri in una villetta a San Nicola L’Arena in territorio di Trabia. Le operazioni «Vento 1 e 2» hanno portato al fermo di 30 indagati, esponenti della famiglia di Porta Nuova, specializzata nelle estorsioni e nello spaccio di droga, tra cui anche Salvatore, figlio di Giuseppe Incontrera. Secondo i carabinieri Nicolò di Michele, all’epoca ai domiciliari, avrebbe continuato a rifornire le piazze con cocaina, hashish e marijuana mentre Christian D'India sarebbe stato il tramite con gli spacciatori assieme proprio a Giuseppe Incontrera. Un documento compromettente finì nelle mani degli investigatori, trovato in possesso di Benito Chiovaro fermato con il suo motorino al Capo dopo essersi incontrato con gli altri due. Importi, contabilità, nomi e soprannomi della rete di pusher del mandamento mafioso di Porta Nuova nel vero e proprio pizzino della droga sul quale i carabinieri stanno indagando per risalire a tutte le persone indicate e per capire ancora più a fondo quali canali di approvvigionamento vengono utilizzati e come si svolgono determinati passaggi di denaro tra i referenti mafiosi e i loro fornitori. Nel biglietto erano stati diligentemente annotati gli affari dello spaccio e soprattutto i nomi di chi era incaricato di vendere la droga agli ordini di Giuseppe Incontrera, il boss emergente assassinato lo scorso 30 giugno con diversi colpi di calibro 22 alle spalle, il quale - secondo gli inquirenti - avrebbe curato la cassa, ma anche lo spaccio nella zona della Zisa occupandosi pure di dirimere tutte le questioni delle famiglie comprese quelle legate ai furti e ai tradimenti. Per questo delitto è indagato e reo confesso Salvatore Fernandez, 49 anni, in passato arrestato due volte per droga e parente del pentito Fabio Fernandez, che nel 2017 confessò di aver ucciso il boss di Santa Maria di Gesù, Giuseppe Calascibetta. Si è costituito dopo che era già braccato dai carabinieri. Nel pizzino si parla in modo particolare dello «sgubbo», cioè di quanto avrebbe guadagnato ognuno dei pusher indicati per nome ma anche attraverso alcuni psedunomi. E così accanto all’identità di Tanino, Teto, Standa, Andrea, Cazzo duro, Gemello, Sergio, Giovanni, Cacato, Riccardo, Tonino e Lallà, venivano accuratamente trascritti alcuni dati fondamentali, ovvero la quantità di droga consegnata, i soldi ricevuti e appunto lo «sgubbo», in pratica i ricavi della loro attività. In base a quanto si legge in quel documento ci sarebbe stata la vendita in tre tranche di 2 chili e mezzo, di oltre un chilo e di 4 chili e 600 grammi di droga, da cui sarebbe arrivato un utile per la cosca rispettivamente di 4.250, 1.000 e 8.750 euro per un totale di 14mila euro da dividersi in due parti uguali, una per il fornitore e l’altra per il boss Giuseppe Incontrera a cui era affidata la cassa del mandamento di Porta Nuova. Interessante lo spaccato che emerge dal pizzino: si passa dai 280 euro racimolati da Tonino per la vendita di due panetti ai 1.800 ottenuti da Cazzo duro per aver piazzato un chilo di sostanza stupefacente ma c’è anche spazio per le abbreviazioni come ad esempio «pass» che, in base alla ricostruzione degli investigatori, starebbe a significare il passaggio della droga a un terzo destinatario. Dall’inchiesta sulla cosca di Porta Nuova emerge anche la storia del pestaggio al volto di Antonino Di Giovanni, figlio del boss Giuseppe, picchiato a sangue dal padre a causa di un rapporto extraconiugale: la compagna tradita, infatti, era la figlia di Giuseppe Incontrera, ma anche quella di Filippo Burgio, il padre di Emanuele, ammazzato il 31 maggio dell’anno scorso in via dei Cassari alla Vucciria. L’uomo d’onore, che aveva finito di scontare la sua pena, avrebbe dovuto lasciare la sua cella ma in alcune intercettazioni aveva detto di volersi vendicare dei killer del figlio: per questo gli è stato notificato un nuovo ordine di cattura ed è così rimasto nel carcere di Voghera.