Palermo

Venerdì 22 Novembre 2024

La telefonata anonima: «Hanno ammazzato il figlio di un boss». Non era vero, ma...

Via Imperatrice Costanza, il luogo in cui è stato ucciso Giuseppe Incontrera

La chiamano cornutiata, infamità o tragedia, una mossa strategica per diffondere una notizia falsa e indebolire il ruolo di chi comanda, sollecitando, a volte, anche l’attenzione degli investigatori. È accaduto nel mandamento di Porta Nuova, dove una telefonata anonima due anni fa annunciò l’omicidio del figlio di Giuseppe Incontrera, il cassiere della cosca, poi assassinato (due settimane fa) con tre colpi di pistola in via Imperatrice Costanza, tra la Zisa e i Danisinni. Il 5 giugno del 2020 alle forze dell’ordine arriva una chiamata con la quale si segnala l’eliminazione di Salvatore Incontrera («Correte alla Zisa, hanno ammazzato il figlio di un boss») e in pochi minuti nella casa del giovane si presentano decine di agenti e gli specialisti della sezione omicidi. Ma la notizia è falsa e, grazie alle intercettazioni, si scoprirà che la comunicazione anonima aveva un obiettivo per incidere nelle dinamiche criminali. Il particolare è contenuto nell’informativa dei carabinieri del Nucleo investigativo, presentata ai magistrati della Dda nell’ambito dell’inchiesta sfociata la scorsa settimana nell’operazione Vento contro boss e picciotti di Porta Nuova. Un blitz nel quale è finito in manette anche il giovane Incontrera e al quale è riuscito a sottrarsi Giuseppe Auteri, che negli ultimi due anni sarebbe stato protagonista di una scalata al vertice del mandamento. Quel giorno di oltre due anni fa Ivano Parrino, rinchiuso in carcere ma dotato di un cellulare con il quale poteva comunicare con l’esterno, riceve la chiamata allarmata della moglie sulla vicenda. Parrino, il giorno dopo, avrà modo di discutere dell’accaduto con Giuseppe Incontrera, suo cognato. Quest’ultimo è più che preoccupato per l’accaduto e manifesta l’intenzione di farsi da parte nella gestione degli affari del clan, per timore di essere coinvolto in indagini e per evitare di danneggiare anche altri uomini della cosca: una scelta condivisa, in base al contenuto dei colloqui, anche dal consuocero Giuseppe Di Giovanni, ritenuto uno dei capi del clan e anch’egli finito in cella pochi giorni fa. Incontrera esprime il proprio turbamento, dice di sentirsi vuoto, racconta che il ragazzo ha pianto e che è stato chiamato anche da Giuseppe Auteri, detto Vassoio, nel tentativo di tranquillizzarlo. «Ora io levo mano, non è corretto che mi porto anche agli altri», dice Incontrera, facendo intendere che la telefonata anonima era riferita agli affari illeciti gestiti da lui e dal figlio. E spiega, riferendosi a Giuseppe Di Giovanni, da dove sia partita la telefonata: «Mio compare pensa che è stato uno della famiglia, uno della nostra parte, gli hanno dato pure il numero civico di dove sta il picciriddu. Adesso lui sta pensando di dare le dimissioni. C’è un macello». Parrino prova a rassicurare il cognato: «Quando succedono queste cose, ci devono pensare più gli altri a fare qualcosa di male. Perché noialtri, ti ripeto a dire, la coscienza ce l’abbiamo pulita. Adesso l’importante è stare attento, bello sistemato nel muoversi. Tieni gli occhi aperti, non andare mai negli stessi posti. La strada dove c’è la panellara è piena (di microspie, ndr) e prenditi un telefono in affitto». Incontrera sa di essere sotto controllo, si è accorto di pedinamenti e non esclude di poter essere arrestato. Così afferma di volersi prendere una pausa di alcuni mesi in attesa degli sviluppi. Nel frattempo avrebbe dovuto occuparsi delle attività del gruppo criminale Giuseppe Auteri, legato a doppio filo con il reggente del mandamento Tommaso Lo Presti, detto il Lungo. «Già ho parlato con Vassoio, a noialtri ci fa avere quello che ci deve fare avere - afferma Incontrera senza sapere di essere intercettato -. Ci stiamo prendendo due-tre mesi di ferie. Non li abbiamo campati un anno e mezzo? Ora ci campano loro. Ormai nella m... sono. Non cambia niente». Secondo l’accusa, Auteri, protagonista di una scalata nel mandamento, si sarebbe dovuto occupare di quanto facevano sino ad allora Di Giovanni e Incontrera, rispettivamente vice del capo e cassiere della cosca. Auteri, scarcerato nel settembre del 2019 dopo una condanna per rapina ed estorsione, avrebbe cominciato a scalare le gerarchie mafiose dopo la liberazione di Tommaso Lo Presti, avvenuta nel febbraio del 2020. La telefonata anonima avrebbe provocato un’accelerazione repentina della carriera proprio di Auteri, divenuto, secondo l’accusa, responsabile della gestione della cassa e fidato uomo del boss sul versante delle estorsioni. Oggi è ricercato.

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