Arrivavi che ti sentivi l’erede di Enzo Biagi e lui ti guardava di sotto in su e sorrideva: il giubbotto con le tasche che parevano quelle di Eta Beta, c’erano le penne Bic, la carta, gli occhiali, i rullini. Una volta ne consegnò uno “falso” ad un poliziotto che, forte della divisa, pretendeva gli scatti “proibiti”. E lui, baffo-dotato, sorrideva sempre: Gigi Petyx ci ha tenuti tutti a battesimo, Stropicciandoci in abbracci quando arrivava l’ultimo cronista e il morto era ancora per terra. Era un narratore per scatti e comparse, non amava i protagonisti, eppure ne aveva fotografati parecchi: Luciano Liggio incurvato, Ninetta Bagarella superba, il giudice Scaglione in una pozza di sangue, Franca Viola dietro una tenda di pizzo; gli attori, Giorgio Gaber, Gian Maria Volontè, l’ultimo scatto del principe de Curtis a Villa Igiea, Claudia Cardinale, Alba Parietti (inseguita quando stava con il principe Giuseppe Lanza) ; e Pier Paolo Pasolini, Louis Armstrong. Ma gli piaceva la gente: dagli anni Cinquanta a un decennio fa, quando ancora andava in giro, dai polipari di Mondello alle baracche a mare di via Messina Marine che per lui, nato al Capo, era periferia. Auto no, non se ne doveva parlare: piedi, scarpe, autobus e poi il motorino di Igor, che è cresciuto portandogli la borsa e poi “rubandogli” il mestiere. Gigi Petyx non era altero, non era scontroso, non insegnava mai, ti dava piccole dritte e tu te le tenevi come un tesoro, accartocciate con gli appunti: stai sempre controvento, guarda se le spalle tremano, guarda per terra, negli angoli, nei cassetti. E capitava spesso che era lui a notare un particolare, rubare una foto da un comodino, magari far parlare la moglie, la sorella, la figlia. E adesso che fioccano i ricordi via social, noti subito che tutti i giornalisti che oggi hanno mezzo secolo o poco meno, sono affettuosamente debitori. Era facile far parlare il barone Petyx: quando attaccava, non lo fermavi più: conosceva Palermo come il cassetto del suo comodino, la città di ieri e quella di oggi, una volta iniziò un gioco e lui partì (a piedi) per documentare i cambiamenti metropolitani. Lì c’era una chiesa, lì un convento, qui una piazza, laggiù un corso d’acqua; conosceva a memoria le cisterne blu e le fontanelle, la sua foto degli anni ’80, tra le “case minime” con i tetti di eternit – dove poi si sarebbe srotolato viale Regione Siciliana – con una bambina che riempiva bottiglie, vinse il premio speciale del concorso Agfa-Gevaert. A Gigi arrivarono 750 mila lire, e lui si mise a ridere. Era nato nel 1938 al Capo e attorno Palermo si nascondeva: il bombardamento del ’43 lo schiva per un soffio visto che solo per fortuna non si trova con la madre nel ricovero di piazza Sett’Angeli che fu distrutto. Il padre, il barone Luigi Petyx Mortillaro, nobiltà di Casteltermini, lo manda «a bottega» dal fotografo Lo Verso in piazza Beati Paoli; da lì passa allo studio di Giusto Scafidi, poi si avvicina al giornale L’Ora. La storia la racconta il bel libro di Laura Grimaldi e Claudia Mirto, “Palermo Petyx” (Flaccovio). Gigi scende in strada, con la Rollei al collo, i rullini 6x6, la “padella” con le lampadine: sarà il direttore Vittorio Nisticò a dirgli di indossare i pantaloni lunghi perché sennò non se lo filava nessuno. Dai primi digiuni di Danilo Dolci al Giro d’Italia del ’59, sul Treno del Sole nel ’62 al seguito degli emigranti; nel ’63 la strage di Ciaculli, e Petyx fotografa quasi per caso la Giulietta che di lì a poco sarebbe saltata in aria, Nisticò gli fece mettere il telefono a casa perché fosse sempre reperibile. L’arresto di Luciano Liggio, il triplice omicidio di Corleone, Montagnalonga, dove arrivò per primo, su un mulo, alla luce di una lanterna; e il Belice, dove si camminava sui corpi. L’amico Mauro De Mauro che gli fece da testimone di nozze con Giovanna, compagna di una vita. Da L’Ora arriva al Giornale di Sicilia e riprende a raccontare la città, sono gli anni della cronaca quotidiana, della gente, delle denunce, di brutture e di immondizia, di lamentele e di storie coraggio, Gigi raccontava con le immagini e non tornava mai a mani vuote, questa era la regola d’oro, e forse questa è la cosa che gli è piaciuta di più. Ora il giubbotto se lo porta dietro, le cerniere sono chiuse e gli occhiali sul naso: ce lo ricorderemo così. I funerali sono in programma oggi - 30 giugno - alle 10 all’istituto Antoniano Padre Annibale Maria Di Francia, via Castellana 110, a Palermo.