Piantagione marijuana, i nomi degli arrestati: sei di Palermo, uno di Partinico, uno di Belmonte, tre di Riesi
È dalle intercettazioni che è arrivata la netta sterzata alle indagini. Quelle che poi hanno consentito ai carabinieri di scoprire nelle campagne di Riesi, nel Nisseno, una maxi piantagione di marijuana, ben 20 mila arbusti celati in un vigneto, che avrebbe fruttato alla sospetta organizzazione una montagna di soldi. Qualcosa come 16 milioni di euro e forse più. Inchiesta che ha seguito quel filo conduttore Riesi-Palermo che, di recente, è stato al centro di altre operazioni antidroga. In questo caso in undici sono stati arrestati su ordinanza emessa dal gip Valentina Balbo per associazione a delinquere finalizzata alla coltivazione e traffico di sostanze stupefacenti e spaccio. Ad alcuni, tra loro, il reato associativo è stato contestato in seconda battuta. Tre degli undici sono di Riesi, gli altri di Palermo città o della provincia di Palermo. Le intercettazioni poi risultate chiave per le indagini, sono state raccolte dai carabinieri il 10 febbraio scorso tra il cinquantaquattrenne riesino Salvatore Cutaia, indicato un po’ come l’anima del patto tra le due cellule coinvolte nell’affare della droga, e il cinquantaduenne di Belmonte Mezzagno, Salvatore Martini. Sono ritenuti un po’ gli anelli di congiunzione tra le due ramificazioni, quella riesina e la palermitana. E in quei colloqui si sarebbero definiti i contorni di un incontro a Riesi tra i due gruppi lo stesso 10 febbraio, mentre un secondo vertice si sarebbe tenuto il 22 aprile a Palermo. Il resto della sospetta rete di trafficanti di droga è composta dal trentottenne riesino Giuseppe Alessandro La Marca, proprietario del terreno di contrada Figotto su cui è stata impiantata la coltivazione di marijuana «skunk», che finora non aveva mai avuto grattacapi con la giustizia, e dal cognato, il trentaduenne Giovanni Giuseppe Lo Nobile, pure riesino, e ancora dal quarantenne Pietro Canestro, tra i quattro presi con le mani in pasta al momento del blitz dei carabinieri, il sessantaseienne Gaetano Cordova, inteso zio Tano, il trentenne Antonino Chiovaro, il trentasettenne Pietro D’Angelo, il trentottenne Atanasio Fava, il quarantaquattrenne Massimiliano Cottonaro, gli ultimi sei tutti palermitani, e il quarantasettenne di Partinico Nunzio Settimo. Ognuno di loro, secondo lo spaccato tracciato dai sostituti Davide Spina e Claudia Pasciuti, che hanno coordinato le indagini dei militari, avrebbe rivestito un ruolo preciso. Tra chi avrebbe retto le fila della sospetta organizzazione, chi avrebbe fatto da intermediario, o messo a disposizione il terreno, altri ancora dedicandosi proprio alla cura della marijuana, a cominciare dalla piantumazione perché crescesse sana, oppure mettendo a disposizione anche i mezzi, in particolare un furgone cassonato con doppiofondo per il trasporto delle piantine. Nulla sarebbe stato lasciato al caso o all’improvvisazione, ma anzi sfruttando la grande competenza di qualcuno nella coltivazione della cannabis. Un meccanismo perfetto, secondo il teorema accusatorio, per mettere in piedi l’affare milionario.