Il sito ufficiale del Comune è tornato operativo da un paio di giorni. I tecnici di Sispi, la società che si occupa dei servizi informatici di Palazzo delle Aquile, sono riusciti a forzare il blocco del collettivo di hacker che ha dichiarato guerra all’amministrazione comunale poco più di una settimana fa. Un attacco in piena regola quello sferrato da «Vice Society» che, a quanto pare e come accade in questi casi, ha chiesto un riscatto in bit coin per non divulgare in rete tutti i dati contenuti nei server. Migliaia di informazioni sensibili non solo degli utenti e dei contribuenti ma anche dei dipendenti dell’ente che saranno a portata di mano dei navigatori del «dark web». Dal Comune ieri hanno confermato che l’attacco dei pirati informatici non ha intaccato le procedure di voto. Un problema in meno. Ma la Procura ha già avviato una inchiesta per crimini informatici. I magistrati hanno aperto un fascicolo di indagine inserendo l’aggravante del terrorismo. Però non sarà affatto semplice individuare i cybercriminali che proprio grazie alle loro abilità e conoscenze sulla materia sanno rendersi «invisibili». Il rischio di diffusione di migliaia di file e documenti custoditi nei server di Palazzo delle Aquile resta abbastanza concreto. Infatti, sul «dark web» una schermata mostra come siano stati carpiti dati riguardanti riscossioni di imposte e tasse, stipendi, nomi e cognomi di cittadini che avevano pagato o dovevano pagare una multa, passando per ingiunzioni di pagamento. Non c’è solo questo nella disponibilità degli hacker. In quei server ci sono pure numeri di telefono di dipendenti del Comune e delle partecipate, email personali, contabilità, debiti, cartelle esattoriali, foto di carte d’identità e persino informazioni cliniche di chi presta servizio a Palazzo delle Aquile. Una mole di contenuti che potrebbe essere sfruttata anche per fini illegali. Ed è il timore maggiore per i legittimi proprietari di quei dati e per chi indaga. Tra le conseguenze dell’attacco hacker c’è anche la Zona a traffico limitato: le tabelle che si trovano ai varchi d’accesso da una decina di giorni mostrano sugli schermi il messaggio «in test». Con tanto di disagi e confusione per chi da quegli ingressi è dovuto passare nonostante quei messaggi anomali temendo di incorrere in infrazioni e di conseguenza di dover pagare le multe. Da Palazzo delle Aquile avevano spiegato che per rimettere tutto a posto sarebbe stato necessario del tempo, quello richiesto per l’installazione di un nuovo software in un altro server fuori dall’orbita dei pirati informatici che hanno messo a segno l’attacco con relativo riscatto. Operazione indispensabile, date le circostanze, per poter rendere attive le telecamere che vigilano sugli accessi nella Ztl. Ma il messaggio di «errore» anche ieri era ben visibile. Di certo la Procura avrà tanto da lavorare per smascherare l’ormai noto anche ai non frequentatori del «dark web», collettivo «Vice Society».