I giudici della corte di Cassazione hanno confermato i due ergastoli inflitti a Paul Andrei Todariscu, 21 anni, e Florin Buzilà, di 20, imputati dell’omicidio di Alina Elena Bità, la giovane madre strangolata nella casa in cui viveva col marito a Cerda, il 9 ottobre del 2017. Confermato anche il risarcimento dei danni ai parenti della vittima, costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Giuseppe Minà. I due romeni, cugini della vittima, avrebbero ucciso la donna per rubarle pochi spiccioli e qualche oggetto di modesto valore custodito nell’abitazione. La ventottenne quella mattina si era fidata ed aveva aperto la porta di casa ai parenti. Todirascu,, aveva ammesso le sue responsabilità davanti al gup di Termini Imerese, Sandro Potestio, durante il processo di primo grado, celebrato con il rito abbreviato. La Corte d’appello aveva fatto cadere l’aggravante determinata dall’accusa l’omicidio sarebbe stato commesso davanti alla bambina. E’ invece emerso che la piccola non sarebbe stata nella stessa stanza. Todariscu e Buzilà vennero fermati dai carabinieri qualche mese dopo il delitto e inizialmente si accusarono a vicenda. Poi il primo confessò davanti al giudice che l’amico avrebbe tenuto ferma la donna mentre lui l’avrebbe strangolata. Il corpo della vittima venne trovato sul pavimento della sua casa e a lanciare l’allarme era stata una vicina, preoccupata per il pianto incessante della figlioletta della donna. Gli investigatori avevano sentito a lungo il marito di Alina Elena Bità, che al momento del delitto era come ogni giorno al lavoro. La pista dell’omicidio si era palesata solo in un secondo momento, per via di alcuni segni sul collo della giovane. Fondamentale per dare una svolta alle indagini era stato il lavoro del Ris di Messina, che era riuscito ad individuare una traccia del dna di Todirascu sotto un’unghia della vittima