Due barche, 5 società edili, magazzini, case e terreni: ecco il tesoro confiscato a Graziano
Il patrimonio del boss costruttore che dall’Acquasanta, quartiere marinaro di Palermo, aveva spostato il suo giro d’affari fino in Friuli, «sperando inutilmente - fanno sapere gli inquirenti - di passare inosservato», da più di dieci anni era finito nel mirino dello Stato. Poi, nel 2017, c’era stato un primo provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale, e ora è diventata irrevocabile la confisca del tesoro da 10 milioni di euro di Vincenzo Graziano, 70 anni, indicato come «elemento di spicco del mandamento mafioso di Resuttana e, più in particolare, della famiglia mafiosa dell’Acquasanta». Nome ricorrente nei verbali dei pentiti di Cosa nostra: quando venne arrestato nel 2014, alla vigilia di Natale, si trovava nel suo elegante appartamento di viale Campania, a Palermo. Contro di lui all’epoca aveva parlato soprattutto Vito Galatolo, che parlò dell’esplosivo (che Graziano avrebbe nascosto in una delle sue proprietà ma che non è mai stato trovato) destinato al magistrato Nino Di Matteo e dell’investimento da 250 mila euro che i boss fecero per finanziarne l’acquisto. Viciuzzo, attualmente detenuto, avrebbe continuato a rappresentare negli anni la vecchia mafia del mattone, capace però di rinnovarsi e stringere nuove alleanze per concludere nuovi affari. Cinque le società nel campo del mattone (le palermitane A.F.G. Costruzioni, M.G. Costruzioni, Costruzioni Generali e l’A.G. Costruzioni e l’Immobiliare Tre con sede a Tavagnacco in provincia di Udine) che passano definitivamente nelle mani dello Stato. Stessa sorte per tre magazzini, un garage in via Pietro Corradini 40, tre abitazioni e un appezzamento di terreno in città e, inoltre, un terreno a Trabia, un villino in contrada Pozzillo a Cinisi, otto autorimesse, otto abitazioni e due terreni nel comune di Martignacco in provincia di Udine, due barche e due scooter e, infine, trenta rapporti bancari. Sul conto di Graziano, da ultimo, è tornato più volte Gaetano Fontana, che da boss dell’Acquasanta ha riempito pagine di verbali sui business di Cosa nostra a cui avrebbe partecipato anche l’imprenditore mafioso. «Nel 2007 io a Vincenzo Graziano l’ho incontrato con Salvatore Cucuzza allo Stop and go a Villagrazia di Carini - afferma Fontana -. Io entro alle 8 del mattino per prendermi il caffè e mi ritrovo, che io lo conosco bene, ma molto bene, a Salvatore Cucuzza messo dietro le spalle. Mi sono girato, quando vedo a Cucuzza, sa' ci rimango. Dice “ciao”, però lui in faccia un po’ impietrì. Cucuzza era già collaboratore di giustizia, mi giro e vedo a Vincenzo Graziano, dissi: “bho, come iu a finiri”! e me ne sono andato». E su questo incontro casuale al bar, Gaetano Fontana aggiunge: «Quindi Vincenzo Graziano lo sapeva che io sapevo di loro che erano ancora soci con Cucuzza, che gli hanno riconosciuti i beni, che non li ha mai fatti arrestare, che non li ha toccati e quant’altro». E i Graziano tra l’altro, sostiene sempre Fontana, erano all’origine del presunto piano di morte contro suo fratello Giovanni, che aveva litigato con il nipote del costruttore, Santino. Finì a botte per la questione di un appartamento in via Campania che i Madonia avrebbero dovuto consegnare ai Fontana, ma sul quale gravava ancora un mutuo. Graziano nel 1996 è stato condannato a 8 anni per mafia e nel 2009, in continuazione, ad altri 5 anni. Nel 2014 l’arresto nell’ambito dell’operazione Apocalisse, condotta dal Nucleo Investigativo dei carabinieri, sempre per partecipazione ad associazione mafiosa e poi condannato a 10 anni di reclusione. Nel conto un’altra condanna, nel 2016, a 3 anni e 9 mesi per riciclaggio, reimpiego di capitali illeciti, peculato e intestazione fittizia di beni. Ma oltre al carcere da scontare, per lui, la mannaia dello Stato sulle sue ricchezze.
I beni
I beni per i quali è stata chiesta la confisca a Vincenzo Graziano erano stati colpiti da una serie di decreti di sequestro partita a novembre 2010 e proseguita il 25 febbraio 2014 e il 25 novembre dello stesso anno. In quella lista due seminterrati in via Scaglione 127, ma è estesa anche al patrimonio intestato ai suoi familiari. Si tratta di un conto corrente della moglie, Giuseppa Famoso, e delle proprietà riconducibili ai figli e alla nuora. I sigilli alle quote societarie di Camillo Graziano in M.G. Costruzioni srl, A.G. Costruzioni srl e A.F.G. Costruzioni srl e pure a un deposito di risparmio e ad un conto corrente. Sotto confisca anche le quote nella A.F.G. Costruzioni srl riconducibili all’altro figlio, Angelo Graziano, assieme ad un magazzino in via Ammiraglio Rizzo 64, una Postpay e un’altra carta e una quota di un fuoribordo da 9 metri e, ancora, un conto e altri rapporti bancari. Sigilli pure ad altri beni di Vincenzo Graziano ma intestati alla figlia Loredana (la somma per un’abitazione in via Ruggero Marturano, 55) e al figlio Francesco Graziano. Anche per quest’ultimo si tratta di quote in M.G. Costruzioni srl, A.G. Costruzioni srl e Costruzioni Generali srl. Nell’elenco pure un’abitazione al cortile Giarra 41, un terreno in via Resuttana Colli e una lunga serie di rapporti bancari, carte e una polizza assicurativa. In più anche uno scooter Piaggio e una barca a motore Primatist iscritta nei registri nautici di Genova. Sigilli alle quote e ad altri numerosi beni (fra cui una casa in via Archimede 41) intestati a Maria Virginia Inserillo, nuora di Vincenzo Graziano.