Palermo

Sabato 23 Novembre 2024

Condanna di Miccoli, la Cassazione: «Ha condiviso atteggiamenti di soggetti mafiosi»

La condanna di Fabrizio Miccoli è arrivata perché, come scrive la Cassazione, è stata dimostrata da tanti elementi. Uno dei quali è «la condivisione da parte di Fabrizio Miccoli, degli atteggiamenti culturali di numerosi soggetti appartenenti alla criminalità mafiosa (come per il richiamo ai rapporti intrattenuti con Francesco Guttadauro, figlio di Filippo Guttadauro, detenuto per reati di mafia, e nipote di Matteo Messina Denaro), spesso tradotti esplicitamente in moduli comunicativi espressivi di disprezzo e denigrazione delle funzioni degli appartenenti alle forze dell'ordine». È un passaggio delle motivazioni della sentenza con cui il 23 novembre scorso i giudici della seconda sezione penale della Cassazione hanno confermato e reso definitiva la condanna a tre anni e sei mesi per l'ex attaccante del Palermo. La Suprema corte ha rigettato l'appello della difesa dell'ex capitano rosanero contro la sentenza decisa nel gennaio 2020 dalla Corte di Appello di Palermo con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, e ha così accolto la richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione Fulvio Baldi. Miccoli è stato condannato per avere chiesto a Mauro Lauricella, figlio di un mafioso del quartiere Kalsa, di chiedere la restituzione di ventimila euro all'imprenditore Andrea Graffagnini per conto del suo amico Giorgio Gasparini. «La lettura della motivazione (della sentenza di appello, ndr) - si legge nella motivazione - dà puntualmente conto del costante controllo della vicenda da parte di Miccoli, che partecipò ad alcuni degli incontri predisposti da Lauricella con i debitori, veniva informato da Lauricella su ogni dettaglio quanto agli ulteriori incontri programmati con i debitori, agli ostacoli insorti, alle reazioni e alle scelte di far intervenire personaggi di primo piano della criminalità palermitana».

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