La Procura di Palermo li aveva accusati di aver messo in scena una sparatoria ma il giudice Salvatore Fausto Flaccovio li ha assolti perché il fatto non sussiste. Gli scagionati sono due poliziotti, l’ispettore Francesco Elia, di 62 anni, e l’assistente capo Alessandra Salamone, di 55, protagonisti di un conflitto a fuoco nel quartiere Zen 2, il 16 marzo 2015: finirono agli arresti domiciliari l’anno seguente perché, secondo i loro colleghi della Squadra mobile e il pm Maurizio Bonaccorso, all'epoca coordinatore dell'inchiesta, si erano inventati il conflitto a fuoco con un giovane rom, accusando falsamente un giovane rom di avere ferito Elia.
I due imputati, difesi dagli avvocati Nino Zanghì, Alessandro Pergolizzi e Teresa Re, hanno dimostrato invece che nulla era stato inventato, allo scopo - così aveva sostenuto la Procura - di ottenere il riconoscimento di vittima del dovere e un equo indennizzo per causa di servizio, in effetti richiesto pochi mesi dopo l'episodio. Al termine del dibattimento, il pm Giacomo Brandini - subentrato a Bonaccorso, nel frattempo trasferito a Caltanissetta - aveva però chiesto l’assoluzione per il danneggiamento dell'auto della polizia, implicitamente riconoscendo la sussistenza dello scontro con una persona rimasta sconosciuta. Lo stesso pm aveva poi sollecitato la prescrizione per il procurato allarme ma anche la condanna a 5 anni per calunnia nei confronti del giovane straniero, che per quella sparatoria era stato arrestato ed era rimasto in cella per un mese e mezzo.
Nel corso del processo è emerso che né Elia né Salamone lo avevano riconosciuto come l’autore dell’agguato allo Zen, cosa che nel giudizio finale ha escluso la sussistenza della calunnia. La conferma della ricostruzione della difesa è legata anche alla visione e all'esame da parte dei Ris dei carabinieri delle immagini della videosorveglianza del centro commerciale Conca d'Oro, nei cui paraggi avvennero i fatti.
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