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Lo sfratto e il trasloco "a mano", 11 anni a Brancaccio raccontati dall'ex preside della Pertini

In 11 anni di lavoro nessuna minaccia. Alcuni ragazzi, addirittura, la mattina facevano colazione in presidenza con lui. Rispettare i ragazzi e agire sotto il segno della legalità, sempre.

È la storia di Salvo Chiaramonte e della sua esperienza da preside alla "Sandro Pertini", scuola media del quartiere Brancaccio di Palermo. Una storia, con aneddoti, documentazioni e narrazioni vissute in prima persona che il preside palermitano ha voluto raccontare nel suo libro "11 anni a Brancaccio".

"Questo lavoro - ricorda l'ex dirigente scolastico - nasce dal fatto che la nostra nazione non ha memoria. Ho trattato un determinato periodo della scuola palermitana, a cavallo tra la fine degli anni '80 e gli anni '90, che è stato un periodo intenso e combattuto. Sono anni in cui avvenne anche l’uccisione di Padre Puglisi.
Sembrava e sembra che tutto fosse calato in un silenzio incredibile. Quando sentivo e leggevo della scuola Pertini vandalizzata, provavo una rabbia incredibile. Ricordo che intervenni, proprio sulle pagine del Giornale di Sicilia, con un articolo gentilmente pubblicato integralmente. Una lettera aperta dove spiegavo la fatica che io in prima persona, insieme a tutti i ragazzi e i docenti, avevamo dovuto fare per ottenere quei locali. A ciascuno il suo. Tutto, da chi è arrivato, è stato dato per scontato, ma molti non sanno e non possono sapere quello che io e tutto lo splendido collegio dei docenti abbiamo fatto in quegli anni".

Far conoscere una storia di vita e di istruzione, palermitana e non.

"È stato tutto dettato da una serie di concause. Vinsi il concorso per diventare preside nell’89. Mi venne assegnata questa scuola a Sette Cannoli, che aveva il numero 51. Era in un edificio a sé stante, in piena Brancaccio. Arrivai nel settembre di quell'anno trovando una realtà drammatica. Un edificio in un cantinato di un palazzo, senza nessuna finestra. Di fronte a noi c’era un palazzo  in costruzione che divenne poi scuola elementare. I lavori però non procedevano, e spesso mi chiedevo cosa accadesse. Sono gli anni in cui nella nostra città c’era la splendida persona di Mario Barreca. Quando si parla di provveditori a Palermo il nome è Mario Barreca. E io sto facendo di tutto per cercare di dedicare il nome di qualche scuola a lui. È stato un faro: per la scuola palermitana e per noi presidi tutti.

Mi cominciai ad interessare presto a quella struttura. I primi mesi del mio lavoro, dovevo avere a che fare con un ufficiale giudiziario che veniva da noi ogni tre mesi per lo sfratto. Dopo tanti rinvii, si arrivò allo sfratto vero e proprio.

I ragazzi dovevano andare da qualche parte. Ricordo che i genitori, a mia insaputa, si misero in contatto con Maurizio Costanzo e Canale 5. Costanzo mi chiamò personalmente a casa e partecipai alla sua trasmissione, raccontando tutto quello che stavamo attraversando. Quando tornai a Palermo fui subito riconosciuto come il preside che era andato a Canale 5 e mi si sbloccarono tante situazioni. Riuscimmo ad ottenere la struttura per la futura Pertini. Il trasloco di docenti, alunni e segreteria da dove eravamo alla nuova sede, venne fatto interamente da noi. Sedie e banchi in mano fino alla sede centrale.
Non c’erano impianti di fognature e quindi siamo stati da subito costretti a fare le lezioni di due ore. Disagi immani ma nessuno si lamentò. Eravamo coscienti di fare qualcosa di lodevole e se ci penso ancora oggi mi chiedo come abbiamo fatto. Eppure ci siamo riusciti.
Per 11 anni quella scuola è stata un punto di riferimento, un polo in cui sono venute persone di riferimento. Dai sindaci agli assessori, dal ministro degli Esteri dell’Azerbaigian ad alcuni corrispondenti della presidenza della Repubblica. Un periodo davvero bello".

Un’esperienza che dura 11 anni, alla fine dei quali la Pertini è ormai una scuola più che avviata.

"Quando andai via la scuola era avviatissima. Ho lasciato 1400 persone con tre succursali, laboratori linguistici, teatri e aula magna. Una volta che la scuola era avviata decisi di andare avanti. Passai alle superiori, dove ho presieduto l’Istituto d’arte per il mosaico di Monreale e ho finito la mia carriera al Liceo classico Meli. Ma quelli alla Pertini sono stati momenti irripetibili. Tutt’oggi, dopo più di 30 anni tra di noi docenti e dirigenti siamo in contatto e ci sentiamo con immenso piacere".

Un rapporto speciale con un quartiere complesso.

"Hanno reagito alla grande. I ragazzi in primis quando parlavano dicevano di me: 'Il nostro preside'. Non il preside. Quando ci fu lo sfratto ricordo che i ragazzi, molto piccoli, bloccarono corso dei Mille. Un funzionario della pubblica sicurezza ne arrestò 4 (per pochissime ore) e io diventai letteralmente un pazzo.
Oggi forse non avremmo potuto fare tutto quello che abbiamo fatto. C’era un entusiasmo generale di cui tutti noi oggi ci meravigliamo.
Sono stato un punto di riferimento per il quartiere e per la scuola palermitana. I nostri ragazzi hanno poi vinto diversi concorsi. Quando partecipavamo ad alcune gare, portavamo sempre il premio a casa. Abbiamo fatto teatro, abbiamo rappresentato l’Iliade e I Promessi Sposi.
Quando i ragazzi si sentono ascoltati e valorizzati, danno il meglio. Questo entusiasmo io lo preservo ancora, ma non mi ci rivedo più nella scuola di oggi. I ragazzi di questi anni avranno problemi seri fra qualche anno".

Quanto è servita quell’esperienza per i suoi incarichi futuri, negli istituti superiori?

"Arrivavo nelle altre scuole e mi sembrava tutto molto più semplice. Undici anni a Brancaccio equivalgono a 25 in qualsiasi altro posto. E in quegli 11 anni - ed è una cosa di cui mi vanto enormemente - non ho mai avuto una minaccia. Mai la mia macchina è stata rovinata o le gomme tagliate. Io rispettavo tutti i ragazzi del quartiere. C’erano ragazzi, la mattina, che non avevano cosa mangiare a casa e venivano a fare colazione da me, in presidenza.
Quando alcuni tipi di ragazzi, con un trascorso difficile, si sentono rispettati come persone, questo fa tantissimo. Per loro, ma anche per noi.
Mario Barreca un giorno mi chiese se volessi andare altrove. Gli risposi che non era minimamente possibile. Sono rimasto alla Pertini fino a quando ho pensato che era stato fatto tutto e più non potevo. Lì decisi di guardare con tranquillità e serenità avanti, per la mia carriera".

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