Il gup del Tribunale di Termini Imerese, Claudio Emanuele Bencivinni, ha rinviato a giudizio Pietro Morreale, accusato dell’omicidio volontario e dell’occultamento del cadavere dell’ex fidanzata Roberta Siragusa, la giovane di 17 anni uccisa a Caccamo il 24 gennaio 2021. Il gup ha accolto la richiesta del sostituto procuratore di Termini Imerese, Giacomo Barbara, e del procuratore capo, Ambrogio Cartosio. Il processo comincerà il primo marzo davanti alla seconda sezione della corte d’assise di Palermo. Il dibattimento si celebrerà nell’aula bunker del carcere Pagliarelli. La pubblica accusa ha contestato all’indagato, detenuto da un anno, il reato di omicidio con l’aggravante di avere commesso il fatto contro la persona a lui legata da relazione affettiva, con premeditazione e di avere agito con crudeltà. Gli avvocati che assistono la famiglia della vittima, costituita parte civile, sono Sergio Burgio, Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo e Simona La Verde. Roberta Siragusa, di appena 17 anni, venne ritrovata senza vita e con delle ustioni sul corpo in un dirupo del Monte San Calogero, a Caccamo, la mattina del 24 gennaio scorso. Fu proprio il ragazzo a far ritrovare il cadavere ai carabinieri. I due avevano passato la serata insieme ad amici. Dopo una lite avvenuta davanti agli altri ragazzi, si erano allontanati in auto. L’indagato ha raccontato che la discussione sarebbe andata avanti e Roberta, dopo essersi cosparsa di benzina, si sarebbe data fuoco e sarebbe caduta nel dirupo. Morreale spiegò che per cercare di salvarla si sarebbe anche bruciato una mano. Una versione che gli inquirenti hanno sempre ritenuto inattendibile. Dall’autopsia era infatti emerso che la ragazza aveva una profonda ferita alla testa e segni di ustioni in vari punti del corpo, tanto da non avere più i capelli. Successivamente, grazie alle immagini riprese da alcune telecamere di sorveglianza vicino al campo sportivo di Caccamo e ad alcuni oggetti - tra cui una chiave che era certamente di Roberta Siragusa - la Procura ha sostenuto che la giovane sarebbe stata uccisa proprio lì e poi data alle fiamme. Un’auto - che per l’accusa sarebbe quella di Morreale - sarebbe poi rimasta ferma mentre il corpo bruciava. Secondo la ricostruzione, il cadavere della ragazza sarebbe stato poi trasportato lungo il Monte San Calogero e poi gettato nel dirupo, dove non furono trovate tracce di incendio. Per gli investigatori, inoltre, una telecamera avrebbe ripreso l’auto di Morreale passare per ben due volte lungo la strada sterrata che porta al luogo del ritrovamento del corpo. Gli amici dei due ragazzi spiegarono ai carabinieri che Morreale non era nuovo a violenze su Roberta. La Procura non ha mai creduto alla versione alternativa fornita dall’indagato, che è assistito dall’avvocato Gaetano Giunta. Il legale oggi ha sollevato l’eccezione di incostituzionalità della norma che vieta l’ammissione al rito abbreviato. L’istanza è stata respinta.