«Dovevo lavorare, senza green pass non potevo farlo e ho avuto paura di vaccinarmi, non me la sono sentita». Filippo Accetta dal carcere di Matera ha spiegato al gip (che ha convalidato il fermo in carcere) le motivazioni che lo avrebbero spinto a cercare una scorciatoia corrompendo un’infermiera dell'hub vaccinale di Palermo pur di avere quella certificazione necessaria per spostarsi per tutto il territorio nazionale. Non una vera e propria confessione ma una serie di giustificazioni al suo comportamento, quelle sì, sono arrivate. Lui, fierista e leader no vax che da Palermo si spostava con frequenza per tutta l’Italia per raggiungere mercati e sagre, era pure stato a Roma, fra i partecipanti alla manifestazione di ottobre sfociata nell’assalto alla sede della Cgil. Un attivista che, dopo gli anni delle proteste come capopopolo degli ex detenuti senza lavoro (nel 2006 s’incatenò in mutande davanti al Comune) e in ultimo la vicinanza alla Lega di Vincenzo Figuccia, da cui poi si era allontanato, aveva abbracciato la causa di chi rifiuta di immunizzarsi contro il Covid. Accetta, assistito durante l’interrogatorio in teleconferenza dall’avvocato Pietro Purpi, avrebbe confermato al gip di Matera di non aver mai conosciuto prima l’infermiera Anna Maria Ivana Lo Brano, la dipendente dell’ospedale Civico finita anch’essa in carcere. La donna, in servizio all’hub della Fiera del Mediterraneo, è accusata di aver fatto le finte iniezioni di Pfizer, gettando le dosi nella garza, dopo aver intascato più di 400 euro per favorire Accetta e i suoi tre figli. Il gip di Matera, dopo la convalida, ha trasmesso gli atti al collega di Palermo per competenza territoriale. In quella sede la difesa chiederà, dopo il trasferimento dell’indagato, la revoca della misura cautelare nei suoi confronti. Resta in carcere anche Giuseppe Tomasino, il commerciante di detersivi che sarebbe stato il primo tramite fra Accetta e l’infermiera. Anche lui, assistito dagli avvocati Salvatore Citrano e Salvatore Taranto, aveva risposto alle domande del giudice, dicendo di aver avuto paura del vaccino e di aver pagato la sanitaria. Una circostanza, quest’ultima, che Lo Brano, difesa dall’avvocato Riccardo Marletta, ha invece negato ma che resta al centro delle indagini della Digos che stanno cercando di fare luce sulla rete di rapporti che avrebbe alimentato il sistema dei falsi green pass a Palermo. Lo Brano avrebbe detto di aver aiutato chi non voleva vaccinarsi ma non lo avrebbe fatto per denaro. Un’inchiesta, quella coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Fabio De Benedittis, estesa anche ad altri sanitari, colleghi dell’infermiera, e ad un «dottore» più volte citato nelle intercettazioni. Con lui si sarebbe dovuto definire l’accordo per le somme da pagare per i falsi richiami dei vaccini. L’indagine (sono almeno 12 i nomi finiti sul registro degli indagati) era partita il 29 settembre dopo un controllo a Filippo Accetta e ai suoi figli al porto di Palermo: avrebbero dovuto imbarcarsi per Napoli, ma la polizia di frontiera li aveva scoperti con i green pass falsi. La segnalazione aveva portato alle intercettazioni e al monitoraggio che aveva svelato, poi, il raggiro all’hub vaccinale consumato, però, davanti alla telecamera nascosta piazzata dalla Digos. In quei giorni erano state filmate pure le finte iniezioni ad un poliziotto, ad un’infermiera e alle vicine di casa di Lo Brano.