Ballarò era il luogo del rifornimento, Partanna Mondello, Borgo Nuovo e il Cep erano invece i quartieri dove erano sorti i mercati della droga. L'operazione Pandora, condotta a Palermo dai carabinieri, ha portato all'arresto di 31 persone svelando i meccanismi con cui gli stupefacenti venivano smerciati.
Lo spaccio nell'ex Onpi di Partanna Mondello
I componenti delle organizzazioni spacciavano utilizzando come sedi i propri appartamenti o una rete di pusher. Tra le piazze della droga c'era anche l'ex Onpi di Partanna Mondello, un tempo casa di riposo comunale dismessa dall'amministrazione, più volte vandalizzata e poi occupata dai senzatetto che l'hanno ristrutturata ricavando dei veri appartamenti. Al centro delle indagini c'è infatti l'abitazione di uno degli arrestati, Giuseppe Di Francesco, 33 anni, ritenuto al vertice dell'attività di spaccio nel quartiere. La base dello spaccio, nel quale avrebbe investito le sue risorse come un vero e proprio imprenditore. era la sua casa di via Pandora, all'interno del complesso Ex Onpi. Una telecamera piazzata dagli investigatori, monitorava quel che succedeva nel cortile antistante.
Lo spaccio questione di famiglia
Di Francesco aveva messo su una fiorente attività, coinvolgendo i familiari più stretti, con almeno 6 acquisti di cospicui quantitativi di droga e 376 cessioni, tutte operazioni che avvenivano nell'immobile di via Pandora. L'organizzazione si avvaleva inoltre della collaborazione di altre sette persone tra cui il fratello Marco, 21 anni, anche lui in carcere, il padre Angelo (53 anni), la madre Rosa Colombo (54 anni) e la moglie Giuseppina Magnasco (32 anni). A comporre il braccio operativo della banda c'erano anche Salvatore Magnasco, Vincenzo D'Anna e Antonino D'Amico.
Le intercettazioni
A incastrare i membri dell'organizzazione, oltre alla telecamera installata nell'ex Onpi, anche le conversazioni telefoniche con i fornitori. Di Francesco prestava grande attenzione alla qualità della droga che acquistava per poi spacciarla. In un dialogo con Tony Pitasi, 26 anni, anche lui finito in carcere, protestava perchè gli è stata recapitata una "motocicletta mal funzionante". "Non ci si può camminare, si butta il sangue". Pitasi lo invitava ad accontentarsi: "Lo so, e intanto questo di qua per ora". Di Francesco chiedeva dunque la disponibilità di altra sostanze, ma in risposta riceveva un secco no.
In un'altra conversazione Giuseppe Di Francesco chiedeva alla madre Rosa Colombo di portargli la droga acquistata perchè era rimasto a secco. In questa circostanza lo stupefacente veniva indicato col termine "benzina". "Cioè, io avi (è da tanto) che sono senza benzina, ha tre ore, tre ore!". In un altro dialogo, invece, la droga veniva indicata col nome di una marca di sigarette.
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