«A luglio del 1989, poco prima che lo uccidessero, mentre era in viaggio di nozze, vennero a cercarlo due persone. Erano in moto, ebbero modi bruschi e quando gli dissi che non c’era, stavano per andar via. Gli chiesi chi fossero e uno dei due rispose: "digli che siamo colleghi". Non posso dimenticare il suo viso: aveva la faccia lunga, come un cavallo. Il naso pronunciato. Il volto butterato, come se avesse avuto il vaiolo. Pensavo che fossero "falchi" (agenti in borghese)». Lo ha raccontato, deponendo al processo per duplice omicidio al boss Nino Madonia e per favoreggiamento Francesco Paolo Rizzuto, Vincenzo Agostino padre dell’agente di polizia Nino Agostino ucciso con la moglie Ida Castelluccio il 5 agosto 1989. L’uomo descritto da teste per gli inquirenti sarebbe Giovanni Aiello, ex 007 poi deceduto, detto «faccia da mostro». «L’ho riconosciuto anche in presenza», ha spiegato. Nel 2016 Agostino fu messo a confronto con l’ex collaboratore del Sisde e lo identificò con l’uomo che era andato a chiedere del figlio. Il padre della vittima ha anche parlato dei depistaggi delle indagini sull’omicidio attribuendo un ruolo nella vicenda all’ex capo della Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera. «Mi convocò di notte in questura intimandomi di dirgli tutto quello che sapevo perché altrimenti rischiavo la galera. Non ci ho visto più - ha ricostruito - e gli ho detto che erano loro che dovevano indagare e dirmi quello che era successo, a partire dagli appunti di Nino in cui c’era scritto "se mi succede qualcosa andate a controllare nel mio armadio" Quegli appunti io non li ho mai ritrovati». «Rizzuto - ha aggiunto il teste - mi chiedeva con insistenza dov’era Nino e quando tornava. Aveva dormito a casa nostra la notte del 4 agosto e aveva pranzato con noi. Mi chiese di Nino che era in servizio».