Da più di un mese scendono da Monte Pellegrino oltrepassando agilmente, già nel primo pomeriggio, i varchi delle reti paramassi fino ai campi di inumazione del cimitero dei Rotoli di Palermo in cerca di cibo. Cinghiali a branchi di sette scavano sulle sepolture senza ricordo e pietà, scavano perché per loro quella è terra e sotto possono esserci radici e tuberi: il loro banchetto. Invece, le buche degli animali inselvatichiti aggiungono oltraggio alla dimenticanza di lapidi spaccate, divelte, con i vasi dei fiori e le foto tremolanti catapultati lontano dalla furia delle zampate dei suini, che cancellano nei raid ogni identità di un luogo sacro. Che quella terra protegge una persona che ha una storia, amori, famiglia e vita rimasti a consolare chi gli porta un fiore e la tiene stretta nei pensieri. Lo sfregio, l’ennesimo, a chi sceglie di riposare nel camposanto vista mare e monti di Vergine Maria. Ai piani bassi del camposanto, l’emergenza tira un piccola boccata d’ossigeno con le bare spostate almeno da terra sulle scaffalature. Ieri in deposito c’erano 951 salme. Ma l’allarme, adesso, è per chi, paradossalmente, quel posto lo ha trovato nei piani alti, più vicini al cielo. Un luogo ideale se sopra non ci passassero gli zoccoli degli animali e se la burocrazia non ci mettesse il carico vietandone la pulizia. L'articolo completo sul Giornale di Sicilia in edicola