«Abbiamo tutto il diritto di conoscere la verità. Dopo 35 anni, per la prima volta, scendo in piazza per gridare il dolore di una madre a cui hanno ucciso un bimbo di 11 anni senza che si sia mai voluta fare giustizia». Lo dice Graziella Accetta, mamma di Claudio Domino, che il 7 ottobre 1986 fu ucciso a colpi di pistola nei di via Fattori, lungo la strada che costeggia la scuola media Ignazio Florio che frequentava. Da stamattina manifesta davanti al Palazzo di giustizia di Palermo per chiedere verità e annuncia che vi resterà fino a quando non incontrerà e non riceverà risposte dai magistrati. Un mistero «silenzioso» lungo 35 anni. Con varie piste e alcuni pentiti che hanno dato versioni diverse. Ma niente di veramente concreto. Erano gli anni del Maxiprocesso, la famiglia Domino gestisce una impresa che ha vinto la gara d’appalto per la pulizia dell’aula bunker. Sono stati controllati da cima a fondo. E’ il periodo della pax mafiosa, in quel periodo cosa nostra aveva deciso un stop agli omicidi. Quello di Claudio Domino però fa rumore perchè smonta il (falso) mito della mafia che non tocca i bambini, tanto da spingere Giovanni Bontade (figlio del boss Paolino e fratello di Stefano), a prendere la parola al bunker per proclamare: «Non siamo stati noi!». Poi sul caso cala il silenzio. Squarciato la settimana scorsa durante una trasmissione televisiva in cui è stato detto - dal giornalista Lirio Abbate, vice direttore dell’Espresso e dal procuratore di Lagonegro - che, il bimbo è stato ucciso da Giovanni Aiello, detto 'faccia da mostrò, un ex poliziotto (deceduto nel 2017) e sospettato di essere un killer al soldo di servizi deviati e criminalità organizzata. «Non ci potevamo credere. Io ero ammutolita - ha detto Accetta - mentre mio marito ha rischiato l’infarto. Il dolore è riemerso con tutta la sua prepotenza. Sapere dalla tv vicende che riguardano mio figlio mentre noi non siamo mai stati chiamati per essere informati o aggiornati è incredibile. Noi abbiamo, da sempre, grande fiducia nello Stato e nelle Istituzioni, ma il rispetto dello Stato nei nostri confronti è pari a zero». Il dolore di una madre vince su tutto e con grande forza la signora Accetta la settimana scorsa si è presentata dal procuratore generale, Roberto Scarpinato, chiedendo un incontro «per sapere». «Purtroppo non mi ha potuto ricevere e - ha detto oggi - mi ha fatto riferire che aveva bisogno di qualche giorno di tempo. E’ passata una settimana e dopo 35 anni ho deciso che non voglio più aspettare e stare zitta. Ho tutto il diritto di sapere cosa è stato fatto, cosa si sta o non si sta facendo. Ma esigo di saperlo dalle istituzioni - ha aggiunto - a cui noi, come famiglia abbiamo sempre creduto, e non attraverso la tv. Lo Stato che tace -afferma con amarezza - uccide quanto la mafia: a chi ha ordinato l’omicidio di mio figlio e a chi, o a cosa, è tornato utile un delitto di Stato come quello di Claudio Domino?». Domande che restano senza risposta. E senza rispote e un incontro con i magistrati, Graziella Accetta giura che manterrà il presidio. In piazza, al fianco di Graziella Accetta, anche alcuni familiari di vittime di mafia come Luciano Traina, fratello di Claudio uno dei componenti della scorta di Borsellino, ma anche Antonio Vullo, uno superstite della strage di via D’Amelio. Il procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Lo Voi, incontrerà Graziella e Ninni Domino. Lo fa sapere la mamma del piccolo Claudio, dopo avere ricevuto rassicurazioni attraverso gli ufficiali dei carabinieri che hanno riferito alla Procura della Repubblica la sua richiesta di incontro dei magistrati. Ninni e Graziella Domino protestano davanti al tribunale di Palermo per rivendicare notizie, dopo 35 anni di silenzio, sull'omicidio del figlio dopo le rivelazioni di un coinvolgimento di un ex appartenente ai Servizi segreti.