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Migrante travolto da un camion a Palermo, i familiari: "Da 18 mesi senza giustizia"

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Era sbarcato in Italia in cerca di fortuna, per trovare un lavoro e sostenere la sua famiglia rimasta nel suo Paese, la Costa d’Avorio, e nel 2018 aveva ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari: ha però trovato la morte sotto un camion che lo ha travolto mentre attraversava sulle strisce pedonali una strada di Palermo. E a quasi un anno e mezzo da quella tragedia la sua compagna e i tre figli, uno dei quali minorenne, non sanno ancora nulla del procedimento penale in corso e non hanno ricevuto alcun risarcimento. È la vicenda dolorosa di Sene Guie, il cinquantottenne vittima del tragico incidente avvenuto del 16 dicembre 2019, all’incrocio tra via Ammiraglio Thaon di Revel e via Ammiraglio Rizzo.

Il conducente di un mezzo pesante carico di terra, che procedeva lungo via Ammiraglio Rizzo, svoltando a destra per immettersi in via Ammiraglio Thaon di Revel non deve essersi accorto che l’ivoriano stava attraversando proprio all’inizio della strada, investendolo in pieno: andrà appurato se Guie fosse a piedi e tenesse per mano la sua mountain bike o se fosse in sella al velocipede, resta il fatto che l’attraversamento e l’investimento sono avvenuti sulle strisce pedonali. L’impatto con il camion non ha lasciato scampo al rifugiato, finito schiacciato sotto le ruote del pesante automezzo. Il pm di turno ha aperto un fascicolo per omicidio stradale a carico del camionista.

I suoi congiunti, attraverso lo Studio3A, hanno ripetutamente chiesto, finora invano, di poter acquisire il verbale e il rapporto dell’incidente e ha subito presentato domanda di risarcimento alla compagnia assicurativa del mezzo pesante. Sene aveva trovato alcuni impieghi che gli consentivano di tirare avanti e anche di mandare più di qualcosa ai suoi cari nel suo Paese. Ma di fronte al fatto che la dinamica dell’incidente e le conseguenti responsabilità sono ancora al vaglio dell’autorità giudiziaria, l’assicurazione finora ha rifiutato di formulare qualsiasi offerta, non riconoscendo neppure un acconto. Da qui l’appello dei familiari alla magistratura inquirente di ottenere al più presto delle risposte.

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