La Corte d’appello di Palermo ha confermato l’assoluzione di Giovan Battista Abbagnato, accusato di concorso nell’estorsione ai danni dei titolari del bar del palazzo di giustizia. La posizione di Maria Filippone, accusata di concorso nel riciclaggio dei proventi del taglieggiamento, era già stata dichiarata prescritta in primo grado, in tribunale. Accolte le tesi dei difensori dei due imputati, gli avvocati Ines Trapani e Alessandra Naso. L’indagine era partita dalla ricostruzione del tentativo di un imprenditore condannato per mafia, Benedetto Marciante, di impadronirsi della tabaccheria di via Montepellegrino 59, appartenente a Giovanni e Vincenzo Torregrossa, padre e figlio, proprietari anche dei bar del tribunale e della stazione centrale. Marciante era stato riconosciuto colpevole ed è stato condannato definitivamente a 4 anni: con lui un altro dei coinvolti, Gianfranco Cutrera, che aveva avuto 2 anni per riciclaggio. Per entrambi era caduta comunque l’aggravante di avere agito con metodo mafioso e per agevolare Cosa nostra. Assolti invece - dopo una condanna a sei anni a testa, inflitta loro dal Gup - Francesco e Michele Lo Valvo, padre e figlio. Nonostante la sentenza favorevole, il primo aveva subito una misura di prevenzione personale ed era morto poco dopo, colpito «dall’ennesima, ingiusta umiliazione», come aveva denunciato il figlio Michele. Abbagnato e Maria Filippone sono stati invece ritenuti del tutto estranei alla vicenda, nei due processi di merito subiti col rito ordinario, dunque in un processo separato dagli altri. Gli imprenditori Torregrossa sono balzati negativamente agli onori delle cronache, nei giorni scorsi, per un servizio della trasmissione di Italia 1, Le Iene. Attraverso il mezzo televisivo e grazie a riprese effettuate con telecamere nascoste, i dipendenti del bar del palazzo di giustizia di Palermo hanno denunciato di essere costretti a restituire ai datori di lavoro una parte degli stipendi, sebbene firmino le quietanze come se ricevessero i compensi per intero. Sulla vicenda il procuratore aggiunto Annamaria Picozzi ha aperto un fascicolo conoscitivo, per adesso senza indagati. Il fatto in sè viene considerato clamoroso, perchè non solo i due bar della cittadella giudiziaria sono frequentati ogni giorno da magistrati, avvocati, impiegati e uomini delle forze dell’ordine, ma anche per il passato dei Torregrossa, imprenditori pronti a denunciare il racket, come era avvenuto nell’inchiesta e nei successivi processi, fra cui quello concluso ora in Corte d’appello.