
La Cassazione ha annullato con rinvio il decreto di confisca di beni per oltre 25 milioni di euro a Rosario Agosta, disposto dal Tribunale di Ragusa, sezione misure prevenzione il 2 maggio del 2019 su proposta della Procura distrettuale antimafia, poichè soggetto ritenuto contiguo a «Cosa Nostra» catanese dopo un’iniziale affiliazione alla «Stidda». Il patrimonio confiscato all’epoca ammontava a 58 unità immobiliari tra appartamenti, garage, magazzini, attività commerciali e terreni, tra Vittoria e Ragusa; 6 unità immobiliari (3 appartamenti con annessi garage) in provincia di Varese e 4 autovetture.
La Procura riteneva che il patrimonio in questione derivasse dalla posizione di monopolio da lui acquisita nel territorio vittoriese, fin dagli anni Novanta del secolo scorso, nella gestione della commercializzazione e installazione degli apparecchi da gioco «truccati», settore particolarmente appetibile e considerato come fonte importante di riciclo per denaro sporco e che D’Agosta gravitasse negli ambienti di Cosa Nostra catanese dopo un’iniziale affiliazione alla «Stidda». La sesta sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dai legali di D’Agosta, gli avvocati Vincenzo Nico D’Ascola ed Enrico Cultrone, ed ha annullato il decreto di confisca dei beni, con rinvio degli atti per un nuovo giudizio, davanti alla Corte di Appello di Catania. Al momento non sono ancora note le motivazioni che hanno portato all’annullamento con rinvio. D’Agosta sosteneva che le dichiarazioni dei collaboranti di giustizia nei suoi confronti non fossero veritiere, difendendo la provenienza lecita del suo patrimonio.
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