Mafia, maxi retata tra Palermo e Milano con 90 arresti: affari al Nord per i clan di Acquasanta e Arenella
Maxi operazione questa notte contro la mafia. Un blitz tra Palermo e Milano ha portato a 90 ordinanze di custodia cautelare in carcere, un colpo ai clan dell’Acquasanta e dell'Arenella che facevano affari con le estorsioni, con le gare negli ippodromi, con la droga, con gli orologi di lusso e anche con la commercializzazione di cialde e capsule di caffè. I boss si erano infiltrati anche in una cooperativa che lavora ai Cantieri navali di Palermo. Nel mirino della guardia di finanza ci sono 90 tra boss, gregari, estortori e prestanomi di due storici clan palermitani. Il maxiblitz è stato coordinato dalla Dda di Palermo guidata da Francesco Lo Voi. In manette sono finiti esponenti di storiche famiglie mafiose palermitane come quelle dei Fontana e dei Ferrante. Le accuse contestate sono a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, ricettazione, riciclaggio, traffico di droga, frode sportiva e truffa. Dalle indagini è emerso il ruolo di vertice di Gaetano Fontana, scarcerato per decorrenza dei termini nel 2013 dall'accusa di mafia, tornato in cella nel 2014 e nel 2017 uscito nuovamente dopo aver scontato la pena. Oggi sono stati arrestati anche i fratelli: Giovanni, un lungo elenco di precedenti per ricettazione, omicidio, porto abusivo di armi e resistenza a pubblico ufficiale, e Angelo, dal 2012 sottoposto all'obbligo di soggiorno a Milano. Oltre ai fratelli Fontana, figli di don Stefano, che fu tra i fedelissimi di Totò Riina, in manette è finita anche la figlia del boss dell'Acquasanta, Rita, e la moglie, Angela Teresi. Tra gli indagati c'è anche Daniele Santoianni, ex concorrente del Grande Fratello, che ha partecipato alla decima edizione del reality, e che ora è ai domiciliari con l'accusa di essere un prestanome del clan. Santoianni era stato nominato rappresentante legale della Mok Caffè S.r.l., ditta che commerciava in caffè, di fatto nella disponibilità della cosca. "Con ciò - scrive il gip - alimentando la cassa della famiglia dell'Acquasanta e agevolando l'attività dell'associazione mafiosa". L'INCHIESTA. L'operazione di fatto disarticola due "famiglie" di spicco di Cosa nostra palermitana e ha svelato gli interessi dei clan negli appalti e nelle commesse sui lavori eseguiti ai Cantieri navali di Palermo, nelle attività del mercato ortofrutticolo, nella gestione delle scommesse online e delle slot-machine, oltre che in quella "storica" del traffico di droga e nelle corse dei cavalli. Lunghissima la lista delle attività commerciali sottoposte al racket del pizzo. Sequestrati anche beni del valore di circa 15 milioni di euro. Il blitz, oltre alla Sicilia, ha coinvolto Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania. Impegnati 500 uomini delle Fiamme Gialle, con l'appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta. La Lombardia, dove si erano stabiliti i fratelli Fontana, era la cabina di regia di molti affari, in particolare quelli legati a nuovi business della mafia come la commercializzazione di cialde e capsule di caffè o di orologi di lusso. Affari realizzati senza intimidazioni, "con una contaminazione silente ma non meno insidiosa per il tessuto connettivo dell'economia nazionale, in termini di alterazione della libera concorrenza, indebolimento delle tutele per i lavoratori ed esposizione delle istituzioni alla corruzione", scrive il gip. L'operazione di delocalizzazione riguarda diverse attività commerciali, con un trasferimento delle aziende da Palermo a Milano, che ha goduto delle complicità di imprenditori e commercianti lombardi. Tra questi, per esempio, c'è un macellaio monzese di 34 anni che è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Monza con l'accusa di aver riciclato fondi dei clan palermitani dell'Acquasanta e dell'Arenella. A quanto emerso l'uomo, nato e cresciuto in Lombardia, sarebbe stato avvicinato da persone vicine ai clan durante un soggiorno in Sicilia e convinto, perché perfetto 'insospettabile', a riciclare il loro denaro per centinaia di migliaia di euro. LE ESTORSIONI. Le estorsioni restano uno degli affari principali della mafia. come emerge dall'inchiesta sui clan dell'Acquasanta e dell'Arenella. "Non è solo una odiosa e gravissima forma di sfruttamento parassitario delle altrui iniziative economiche. - scrive il gip - Parliamo di una vera e propria 'tassazione privata', di un 'metodo' che impone dei prodotti, che consente di controllare ogni attività sul territorio (panifici, bar, agenzie di gioco, mercato ortofrutticolo, cantieri navali) e che mantiene le famiglie dei mafiosi quando questi sono in carcere". "Purtroppo, a fronte di un numero considerevole di richieste estorsive ed atti intimidatori documentati, che ovviamente rappresentano soltanto una parte di quelli effettivamente eseguiti, le vittime, tranne qualche caso sporadico non hanno sporto denuncia", conclude il giudice.