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La movida della mafia a Palermo, indagini dalla denuncia di un locale

L’attività investigativa, per i locali di Palermo e Terrasini, «ha preso le mosse dalla querela», fatta il 26 gennaio 2016, dal legale rappresentante della società che gestiva, dall’ottobre 2014, il locale Kursaal Kalhesa, con sede in Foro Umberto I a Palermo. Emerge dall’ordinanza dell’operazione «Octopus» che ha disvelato i tentacoli della mafia sui locali della movida, in particolare con l’imposizione dei buttafuori.

L’imprenditore, viene spiegato, ha denunciato «alcuni episodi di vandalismo verificatisi a danno dei soci e dei dipendenti della società nei pressi del locale, nonchè diverse aggressioni poste in essere da un nutrito gruppo di giovani a danno degli avventori e del personale dei sicurezza del locale, nel breve periodo compreso fra l’8 e il 16 gennaio 2016».

«Le indagini sono state avviate nel 2016 e sono proseguite fino a pochi mesi fa. Abbiamo accertato che almeno in cinque locali di Palermo e venivano imposti i buttafuori e il personale della sicurezza ai titolari. Il metodo utilizzato per l’imposizione del personale era quello consueto utilizzato dalla mafia attraverso intimidazioni e in alcuni casi anche minacce di far accadere disordini all’interno dei locali».

Lo ha spiegato il tenente colonnello Angelo Pitocco, comandante del Gruppo di Palermo dei carabinieri. «L'indagine nasce dai contatti dei carabinieri con i locali notturni attraverso alcune segnalazioni ricevute. Da qui - ha proseguito - si è partiti attivando intercettazioni, pedinamenti e investigazioni classiche. Gli imprenditori in questa indagine non hanno collaborato subito, ma successivamente, quando sono stati da noi convocati per sommarie informazioni».

Il comandante del Gruppo spiega: «Abbiamo accertato che i titolari dei locali hanno pagato e hanno acconsentito a che il personale della sicurezza fosse imposto e in altri casi hanno subito il pagamento di quote in base al numero di buttafuori che avevano all’interno dei locali. Così come sono emersi saldi legami - ha concluso - tra uno degli arrestati, Andrea Catalano, con esponenti della famiglia mafiosa di Palermo Centro che ricade nel mandamento di Porta Nuova».

I titolari dei locali sono «formalmente» vittime. Le indagini dei carabinieri - coordinate dalla procura di Palermo - vanno avanti: in particolare, anche, verificando le procedure amministrative previste per l’utilizzo del personale addetto alla sicurezza i cui componenti devono essere iscritti ad un apposito albo. Accertamenti questi ultimi che saranno inoltrati, successivamente, alla prefettura.

Così come vittima lo è la Lion Security di via Pietro d’Asaro, una società, come spiegano i carabinieri, costretta da Cosa Nostra ad assumere i buttafuori di suo gradimento da impiegare nei servizi, che vanta tra i suoi clienti moltissimi nomi di locali conosciutissimi,  attività commerciali, alberghi a cinque stelle, centri di vario tipo molto noti a Palermo e provincia.

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