Un'altra archiviazione nell'ambito dell'inchiesta sulle cosiddette spese pazze dell'Assemblea regionale siciliana: così come aveva fatto in occasioni precedenti, è stata la stessa procura di Palermo a chiedere e ottenere il provvedimento da parte del Gip, stavolta Walter Turturici. Diciassette gli ex deputati regionali interessati: Nino Dina, Salvatore Cascio, Giuseppe Gilberto Agatino Arena, Toto Cordaro (oggi assessore regionale al Territorio), Michele Cimino, Mario Bonomo, Giovanni Cristaudo, Raffaele Nicotra, Francesco Calanducci, Paolo Colianni, Antonio D'Aquino, Giuseppe Gennuso, Fortunato Romano, Pippo Gianni, Giuseppe Lo Giudice, Orazio Ragusa, Santo Catalano. Erano tutti coinvolti nell'uso - ritenuto distorto - dei fondi pubblici messi a disposizione dei gruppi politici dell'Ars, negli anni tra il 2008 e il 2012. Su questa materia ci sono state alterne vicende, tra archiviazioni e rinvii a giudizio, tra condanne in primo grado - Innocenzo Leontini, che aveva avuto due anni - e assoluzioni in appello per lo stesso ex parlamentare del Pdl, mentre la posizione dell'attuale sindaco di Messina, Cateno De Luca, scagionato dal Gup, è stata successivamente stralciata. Sette ex capigruppo delle passate legislature, tra cui l'attuale sindaco di Catania Salvo Pogliese, sono invece sotto processo col rito ordinario in Tribunale, a Palermo. Anche sul piano contabile ci sono state condanne e archiviazioni da parte della Corte dei conti. Nel decreto di archiviazione il Gip Turturici riconosce che il pm dice bene, nel ritenere di non avere elementi sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio: non si può dimostrare cioè che il denaro pubblico sia stato destinato a fini non istituzionali: anzi alcune di queste finalità sono "latamente istituzionali" e, afferma il giudice, "meritano condivisione le considerazioni dell'ufficio di Procura", riferite anche al contenuto di una motivazione adottata da un altro Gup, Riccardo Ricciardi, che aveva scagionato ex deputati regionali sotto accusa. Manca cioè il "dolo appropriativo", la coscienza e volontà di impossessarsi della cosa pubblica senza alcun titolo, "avuto riguardo anche alla non implausibilità delle spiegazioni fornite dagli indagati". (AGI)