Sono stati assolti dall'accusa di diffamazione, per non aver commesso il fatto, i marescialli Saverio Masi e Salvatore Fiducia, in servizio a Palermo, che avevano chiamato in causa i loro superiori, rei, a loro dire, di aver intralciato le indagini impedendo la cattura di latitanti mafiosi eccellenti, del calibro di Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro. E sono stati assolti, dallo stesso reato e con la stessa formula, anche gli otto giornalisti di quotidiani, siti e trasmissioni tv che riportarono le parole dei due sottufficiali senza procedere ai dovuti riscontri. Lo ha deciso il tribunale monocratico di Roma, rappresentato dal giudice Gennaro Romano, che ha invece condannato al pagamento di mille euro l'avvocato Giorgio Carta: nel suo studio legale, nel maggio del 2013, fu organizzata la conferenza stampa nel corso della quale il penalista, "al di fuori dei limiti propri del mandato difensivo - così era scritto nel capo d'imputazione - formulava giudizi lesivi della reputazione dei superiori gerarchici di Masi e Fiducia". Si tratta cioè di quegli ufficiali in servizio presso il nucleo investigativo di Palermo nel periodo tra il 2001 e 2006 che avrebbero "frapposto pretestuosi ostacoli di natura burocratica, boicottando sistematicamente le iniziative investigative di Masi e Fiducia, sottovalutando l'apporto informativo degli stessi, nonché dissuadendoli energicamente dal continuare le indagini".