Circa il ruolo di Marcello Dell'Utri nel 1992-93, la Corte d'Assise arriva alla conclusione che non ci sia alcuna prova che l'imputato si sia frapposto come intermediario per le stragi e come latore della minaccia allo Stato". Lo dice, riassumendo il contenuto della sentenza di primo grado, il presidente della Corte d'Assise d'Appello di Palermo che sta celebrando il processo sulla trattativa Stato-mafia. Angelo Pellino sta per concludere, dopo 5 udienze, l'analisi della decisione di primo grado, emessa il 20 aprile dello scorso anno dalla corte presieduta da Alfredo Montalto. Senza prendere posizione sulle emergenze processuali, il giudice osserva che la colpevolezza del senatore di Forza Italia, che ha avuto 12 anni, è limitata al periodo successivo al '93, con la discesa in campo di Silvio Berlusconi e con i suoi governi che, secondo sempre i giudici di primo grado, sarebbero stati ricattati e minacciati proprio attraverso l'ex delfino del cavaliere. Le conclusioni raggiunte dalla Corte d'Assise sono basate sulle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, soprattutto Nino Giuffrè, perché per motivi diversi Giovanni Brusca e Salvatore Cancemi vengono utilizzati soltanto per alcune parti e non per l'intera loro deposizione. "Dell'Utri - cita Pellino - non fu intermediario dei governi precedenti a quelli guidati da Berlusconi ne' ebbe a minacciarli per ottenere benefici nei confronti degli associati a Cosa nostra. Questo poi lo avrebbe fatto dopo l'avvento di Forza Italia e del suo leader, cioe' a partire dai primissimi mesi del 94". (AGI)