La cessione del Palermo a una società inglese non fa venir meno le esigenze cautelari degli arresti domiciliari nei confronti dell’ex patron 'rosanero', il friulano Maurizio Zamparini, rinviato a giudizio per false comunicazioni sociali e falso in bilancio, anche perchè non c'è la prova della sua estraneità al nuovo corso della squadra retrocessa in 'C', sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma dei domiciliari. Ad avviso della Suprema Corte, la tesi per cui la cessione del Palermo «ad un gruppo inglese» avrebbe fatto venir meno le esigenze cautelari, è una «prospettazione del tutto generica». A quanto risulta alla Cassazione, i legali di Zamparini - nella documentazione inoltrata agli alti magistrati - non descrivono «analiticamente il contenuto degli atti depositati a supporto della stessa prospettazione (atto di cessione delle quote della società e verbale dell’assemblea dei soci con le dimissioni dei vecchi organi amministrativi e la nomina dei nuovi), dal cui tenore emerge, anzi, l’esistenza di condizioni rispetto all’esecuzione dell’operazione, il cui avveramento resta da definire». Inoltre, Zamparini - spiega la Cassazione nella sentenza 23151 depositata oggi e relativa all’udienza del 24 gennaio - deve rimanere ai domiciliari anche per il rischio «concreto e attuale» di reiterazione dei reati, per la «pervicacia e il totale dispregio della legge dimostrati dall’indagato», che «ha agito in modo continuativo per occultare la verità e perseguire i propri interessi nonostante le verifiche in corso da parte sia del giudice civile che penale, anche al fine di eludere le stesse, attraverso l’uso di società e soggetti di comodo». Per gli 'ermellini', in maniera adeguata il Tribunale del riesame di Palermo con l’ordinanza del 5 ottobre 2018 che ha applicato i domiciliari a Zamparini, ha dato conto dell’«irrilevanza delle formali dimissioni dell’indagato dall’amministrazione della società, evidenziando che lo stesso ha continuato la sua attività di gestione tramite altri». «Nè può assumere rilevanza in senso contrario - aggiunge il verdetto - la circostanza che per tali soggetti (Giammarva, Bonometti, Morosi) sia stata espressamente esclusa la sussistenza di esigenze cautelari. Tale esclusione è dovuta infatti semplicemente alla natura di prestanome dei soggetti in questione, che ha fatto venir meno le esigenze cautelari nei loro confronti dal momento in cui hanno cessato di svolgere la loro attività in nome e per conto» di Zamparini. «Il quale - conclude la Cassazione - proprio avendo esercitato il controllo tramite tali soggetti per un tempo prolungato e continuativo, evidenzia una spiccata tendenza a reiterare gli illeciti». (ANSA)