Diverse proprietà, una gioielleria nel cuore di Milano e sei rapporti finanziari ammontanti complessivamente a circa 50.000 euro, sono stati sequestrati ad un esponente della famiglia mafiosa dell'Acquasanta di Palermo. Gli uomini della polizia di Palermo hanno di fatto "congelato" questi beni, con un sequestro da un milione di euro della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo nei confronti del palermitano Gaetano Fontana, 43 anni.
A procedere gli agenti dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Divisione Anticrimine della Questura di Palermo i quali, con la collaborazione dei colleghi della Questura di Milano, hanno effettuato il sequestro dei seguenti beni riconducibili Fontana come una gioielleria in via Cavallotti, nel ben mezzo del celebre "quadrilatero della moda" milanese, intestata alla convivente ma riconducibile a Fontana, tre immobili e sei conti con rapporti finanziari per circa 50.000 euro circa.
Secondo gli inquirenti, a Gaetano Fontana, figlio di Stefano, reggente in vita della famiglia mafiosa palermitana dell’Acquasanta, nel 2010 era stata applicata misura della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza con Obbligo di Soggiorno nel comune di Milano, alla quale lo stesso si trova attualmente sottoposto, proprio per essere considerato un esponente di cosa nostra
Fontana risulta inoltre già condannato definitivamente per aver svolto le funzioni di reggente della famiglia mafiosa dell’Acquasanta, per conto della quale gestiva il nevralgico settore di riscossione del pizzo. In base a tutto ciò sono stati svolti dagli agenti della Divisione Anticrimine della Questura di Palermo accertamenti patrimoniali nei confronti del suo nucleo familiare che hanno permesso di evidenziare una notevole sproporzione economica tra i redditi dichiarati, ben inferiori alle ordinarie spese di mantenimento di una famiglia e gli investimenti patrimoniali effettuati invece per l’acquisto dei beni oggetto del sequestro.
Alla luce di tali accertamenti è stato possibile dimostrare come tali beni, fittiziamente intestati alla sua convivente, fossero in realtà riconducibili a Fontana e potessero evidentemente ritenersi frutto del reimpiego delle ricchezze accumulate in maniera illecita.
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