Gli insulti e le minacce tra affiliati ai clan diventano social, non restano più confinati nel segreto dell’organizzazione, ma vengono spiattellati pubblicamente anche su Facebook. Tuttavia l’apertura di Cosa nostra al mondo virtuale della rete - come emerge dall’operazione dei carabinieri “Cupola 2.0” e come si può leggere in un articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia in edicola oggi – non sarebbe stata ben vista da tutti, tanto che qualcuno ipotizzava ritorsioni reali per questi comportamenti. Quando Giuseppe Tantillo, della famiglia di Borgo Vecchio, decise di iniziare a collaborare con la giustizia, la moglie e il cognato del boss Paolo Calcagno si sarebbero scatenati con commenti al vetriolo sui social: “E’ andato su Facebook, ha preso la fotografia di Tantillo… Ero scioccato ieri sera… ‘Non ti sai fare la galera’, ‘infame’, ‘stai diffamando persone che non c’entrano niente soltanto per non farti un po’ di carcere’, ‘pezzo di m…’. Ma che scrivi queste cose, sei scemo? E ha pubblicato e chiunque l’ha visto”, così racconta un uomo a Rubens D’Agostino, riferendosi agli interventi dei parenti di Calcagno. I due ipotizzavano la reazione del boss di Porta Nuova, Gregorio Di Giovanni, di fronte a un simile atteggiamento: “Quindi adesso – diceva D’Agostino – lui (Di Giovanni, ndr) lo viene a sapere pure e ti dice di chiamarlo o ti dice di darglieli tu due schiaffi”. Proprio la moglie di Calcagno, Rosalia “Sandra” Spitaliere, poi si sarebbe mostrata particolarmente risentita dagli insulti che avrebbe ricevuto sempre su Facebook dalla compagna di Tantillo e, in un colloquio in carcere del 9 gennaio dell’anno scorso, raccontava al boss che la donna avrebbe offeso le persone arrestate nel blitz “Panta rei”, ridicolizzando gli indagati, chiamandoli “Totò Riina”, e schernendo pure le loro mogli con l’appellativo di “top model”. Anche in questo caso, Calcagno avrebbe pensato a ritorsioni reali e non virtuali e avrebbe chiesto alla moglie e al cognato di “scaricare e salvare tutti i post pubblicati su Facebook” per valutare i provvedimenti da prendere.