Dopo l’arresto di suo marito, Giovanni Adamo, accusato di essere affiliato al clan di Pagliarelli, lei era rimasta sola a crescere i loro figli. La coppia, però, sarebbe riuscita a rimanere vicina e unita nonostante la prigionia, al di là delle sbarre del carcere, attraverso un particolare sistema di comunicazione, cioè lanciandosi dei segnali di luce. Uno stratagemma reso possibile dal fatto che lui era detenuto al Pagliarelli e lei viveva in una palazzina di piazza Tenente Giuseppe Anelli, ovvero proprio di fronte al penitenziario. A svelare il retroscena – come si legge in un articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia oggi in edicola - è il boss Settimo Mineo, in un’intercettazione del fermo “Cupola 2.0” che ha portato a 48 fermi. L’anziano capomandamento, infatti, si sarebbe occupato del sostentamento della donna e per questo le avrebbe consegnato la “mesata” a casa: “Mi ha fatto affacciare – racconta Mineo al suo autista, Matteo Maniscalco – e quello, appena lei ha spento la luce, quello ting ting, ha spento e ha acceso la luce…”. Maniscalco si stupisce e chiede: “Lo vede da qua?” e il capomafia risponde: “Sì, si vede, sua moglie sa dove è il posto, lui… Lei gli spegne e gli accende la luce… Lui, lui pure spegne e accende la luce… E questo è il saluto, di giorno basta…”. I carabinieri hanno documentato come Mineo sarebbe andato diverse volte dalla moglie di Adamo per consegnarle dei soldi. E, peraltro, il boss sembrava particolarmente dispiaciuto della condizione della donna: “Vorrei fare di più – diceva – per questa sfortunata” e poi rimarcava come “è fatta sicca, mischina…”. In un’altra circostanza Mineo si arrabbiava con Michele Grasso, il dipendente dell’Amap che si sarebbe occupato del business delle scommesse nel mandamento, il cui ricavato sarebbe servito anche per mantenere i parenti dei carcerati. Grasso avrebbe consegnato il denaro in ritardo a ridosso della commemorazione dei defunti dell’anno scorso: “Lascia stare – spiegava ancora il boss a Maniscalco - che mi hanno fatto fare brutta figura pure… Neanche fargli fare i morti a una sfortunata…”.