Avrebbe mediato in un particolare tentativo di estorsione che sarebbe avvenuto tra detenuti all’interno del carcere Pagliarelli tra l’agosto e l’ottobre del 2014 e per questo la prima sezione del tribunale ha condannato Michele Cirrincione a cinque anni e mezzo di reclusione. Un po’ meno di quanto aveva richiesto il sostituto procuratore Francesca Mazzocco, che ha coordinato l’indagine, ovvero sette anni.
Vittima della presunta richiesta di pizzo – 25 mila euro, ridotti poi a 2.500 - che sarebbe stata avanzata nella cappella del penitenziario, un appartenente alla famiglia Granà, colpevole, secondo il boss di Bagheria Pietro Liga, di averlo “diffamato”, definendolo “sbirro”. Un dettaglio che Liga avrebbe scoperto leggendo le carte legate al blitz “Reset”. Così – secondo l’accusa – avrebbe preteso i soldi per riparare il danno. In questo contesto, Cirrincione avrebbe fatto pressioni sulla vittima perché versasse la somma a Liga.
Liga, assieme alla moglie Rosa Costantino e alla figlia Maria, è già stato condannato in appello, con il rito abbreviato, per questo episodio. Cirrincione aveva optato per l’ordinario e per lui il processo di primo grado si è concluso oggi con la condanna a cinque anni e mezzo di reclusione.
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