Il pm Amelia Luise ha chiesto la condanna a cinque anni per Guido Ferrante, l'agente della polizia che nel 2013 finì agli arresti domiciliari con l'accusa di favoreggiamento aggravato e omessa denuncia di reato perché avrebbe consigliato a un pasticcere di pagare il pizzo alla mafia e di non denunciare la vicenda coprendo presunti esponenti della cosca di corso Calatafimi.
Il commerciante era andato dalla polizia, nel 2010, raccontando che aveva trovato l'Attack nei lucchetti. Poi gli era stato incendiato il gazebo.
Per capire chi fosse stato si era rivolto a un conoscente che gli suggerì di non fare più caffè espressi perché la cosa irritava il titolare di un bar concorrente e di pagare la "quota". Al diniego del pasticcere l'estorsore promise altri danneggiamenti.
In particolare, dietro la minaccia di ulteriori gravi conseguenze, compreso l’incolumità del suo nucleo familiare, gli avevano imposto la collocazione di alcuni apparecchi elettronici per il gioco d’azzardo, il pagamento di una somma di denaro annua ed infine la rimozione della macchina del caffè espresso dalla sua pasticceria di corso Calatafimi (“no i danni dice che sono stati poco – dice il pasticcere - dice poi dice fra qualche giorno dice se non ti metti d’accordo saranno ancora più gravi” “… è addirittura mi fa dice: giustamente dice tu hai moglie e figli dice… dice perché dice uno deve stare tranquillo, senza problemi… il problema dice lo dobbiamo risolvere…”).
La vittima parlò dell'episodio con il poliziotto che gli consigliò di cedere perché sapeva che in quella zona pagavano tutti.
"Vedi con chi devi parlare - dice Ferrante, in un'intercettazione raccolta dalla polizia -, perché io... Purtroppo sai quale sono le cose della vita? Con questa gente attualmente uno ha solo da perdere. Hai capito?". Ferrante disse al commerciante di “farsi la strada” perché nella zona “non si sta salvando nemmeno Gesù Cristo”.
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