Non solo stragi, non solo delitti. La mafia lascia il segno anche nella distruzione della bellezza. Tra indignazione e nuove scoperte, si riapre l'inchiesta sul furto della Natività del Caravaggio nell'oratorio di San Lorenzo. Il celebre dipinto del Seicento venne trafugato nel 1969. Adesso, dopo le indagini della commissione nazionale Antimafia, la Procura di Palermo riapre il fascicolo che sarà adesso affidato all'aggiunto Marzia Sabella. Il dipinto dominava la parete sopra l'altare maggiore dove ora una copia della tela ricorda la sfregio recato al patrimonio artistico di Palermo. Dell'originale si sono perse le tracce. Si pensava che fosse stato distrutto e invece è finito forse in Svizzera per essere tagliato a pezzi venduti sul mercato clandestino dell'arte. E' la conclusione alla quale è arrivata la Commissione antimafia con una relazione firmata dalla presidente Rosy Bindi che utilizza il contributo di vari collaboratori ma soprattutto del pentito Gaetano Grado. I risultati dell'indagine, ha detto Rosy Bindi, sono stati trasmessi alla procura della Repubblica di Palermo perché "la magistratura competente possa sviluppare la pista investigativa che porta alla mafia". Il furto sarebbe, è vero, opera di delinquenti comuni che avrebbero agito con l'assistenza di esperti. Una volta trafugato, il quadro sarebbe però finito in mano a Cosa nostra: prima al boss Stefano Bontade, poi a Gaetano Badalamenti. Sarebbe stato proprio don Tano a cogliere l'importanza dell'affare. "Badalamenti non capiva il valore artistico dell'opera. Ma intuiva che aveva un grande valore commerciale". Proprio con il Caravaggio la mafia comprese pure l'importanza dell'arte come strumento di ricatto e di pressione nei confronti dello Stato.