«Nel caso in esame è stato possibile rilevare, con una mera attività ricognitiva, la mancanza della prova della colpevolezza di Cascio soltanto per l’ultima porzione della condotta contestatagli, ne consegue che debba prevalere, per il resto, la causa estintiva del reato». Solo per una parte delle accuse si è provata l’innocenza di Francesco Cascio, ex presidente dell’Ars condannato in primo grado e assolto in appello dal reato di corruzione. Lo scrivono i giudici della corte d’appello nella motivazione della sentenza che, a novembre, ha disposto l’assoluzione dell’ex esponente del Ncd, ora di Fi, dal reato di corruzione per un capo di imputazione e la prescrizione per le accuse contestate nell’altro capo di imputazione. Secondo l’accusa, Cascio, quando era assessore al Turismo del governo Cuffaro e vicepresidente della Regione avrebbe consentito alla società Ecotecna di ottenere fondi europei per la realizzazione di un resort e di un impianto sportivo adibito a campi da golf. In cambio avrebbe ricevuto «lavori» e «servizi» per la costruzione della sua villetta di Collesano, nei pressi dello stesso resort. Cascio, processato in abbreviato, secondo l’accusa, avrebbe agito «in concorso» con altri due ex dirigenti regionali, Agostino Porretto e Aldo Greco, che hanno scelto il rito ordinario. In particolare per i giudici sarebbero prescritte le vicende relative alla delibera del 2001 con la quale era stato dato il finanziamento europeo per il resort. L’assoluzione, invece, ha riguardato il provvedimento del 2005 che estendeva la possibilità di utilizzo dei fondi anche i per i «lavori in economia». Nella motivazione, dunque, la corte sottolinea come solo per una parte delle accuse sia emersa l’innocenza dell’ex presidente dell’Ars e che per le altre condotte si sia dichiarata la prescrizione proprio nell’impossibilità di arrivare a una assoluzione nel merito. Condannato in primo grado a due anni e otto mesi, era stato sospeso dalla carica di deputato regionale per effetto della legge Severino.