PALERMO. Decise una trasfusione di sangue per una paziente che come testimone di Geova era invece contraria per motivi religiosi: per questo un medico dell’ospedale di Termini Imerese è stato condannato per violenza privata. Altri tre medici, che avevano partecipato in vari momenti all’intervento, sono stati assolti. L’unico a essere condannato a un mese di reclusione con i benefici della condizionale e della non menzione è il dottor Giovanni Spinnato, primario di chirurgia, il quale dovrà pagare alla paziente, costituita parte civile, anche una provvisionale di 10 mila euro e altri 5 mila euro per spese di giudizio. Spinnato è stato assolto dall’accusa di aborto colposo. La trasfusione era stata infatti decisa dopo che la paziente aveva perso il feto ma per cause naturali, hanno accertato i periti. Gli altri tre medici assolti sono Carmelo La Rosa, Michele Terranova e Vincenzo Pio Falzone. Spinnato ha sempre sostenuto di avere forzato la trasfusione di sangue perché aveva ritenuto che la paziente si trovasse in pericolo di vita. La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico Sabina Raimondo. Nel 2010 la donna, che all’epoca aveva 25 anni, era stata ricoverata all’ospedale Cimino per una minaccia di aborto. Dopo un primo esame, che si era concluso positivamente, era ritornata per nuove complicazioni. Stavolta i medici hanno accertato che il feto non aveva alcuna vitalità e hanno deciso di asportarlo. Ma la paziente ha negato l'autorizzazione a ogni trasfusione che sarebbe stata contraria ai principi del suo credo religioso. Ritenendo che ci fosse un pericolo anche per lei, il primario ha deciso di fare ugualmente la trasfusione e ne ha informato anche la Procura. Una perizia medica ha confermato la sofferenza della donna ma ha escluso che versasse in pericolo di vita o si trovasse comunque in condizioni tali da essere salvata con una trasfusione. Al dibattimento il pm Luisa Vittoria Campanile ha chiesto la condanna di Spinnato a un mese di reclusione: la pena che poi il giudice ha stabilito con la sentenza. Il processo è stato seguito dalla comunità dei testimoni di Geova secondo la quale la decisione del giudice «è in armonia con il diritto nazionale e internazionale».