Mafia, tunisino nel clan di San Lorenzo: pizzo a un posteggio e a una ditta edile. Un imprenditore si oppose e lo denunciò
PALERMO. Ci sarebbe anche un tunisino tra i giovani esattori del pizzo di Cosa nostra. Secondo le indagini condotte dalla Dda di Palermo (coordinate dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Amelia Luise, Annamaria Picozzi, Roberto Tartaglia), Ahmed Glaoui farebbe parte dell’organizzazione criminale. La sua figura viene fuori durante le intercettazioni che svelano un’estorsione a un posteggio di Partanna dove si parla di “quello tunisina che fa carte con Giovanni, hai capito e ... buttato dentro”. Dalla conversazione emergono anche le difficoltà a trovare gente dopo gli arresti dell’operazione Apocalisse che ha portato in carcere un centinaio di persone nei mandamenti di Resuttana e San Lorenzo. “A Partanna – si legge nell’intercettazione - in questo minuto non c'è neanche un cane”. Sergio Macaluso (il nuovo collaboratore di giustizia) risponde: “Non c'è nessuno, è lui solo ... e lui invece è andato a raccontare c'è gente che vuole sapere”. Glaoui è stato denunciato da un imprenditore edile stanco di subire le vessazioni messe in atto da Cosa nostra attraverso il tunisino e un altro degli arrestati di ieri: Bartolomeo Mancuso. In un incontro con l’imprenditore, Glauoi gli disse che nei lavori per una piscina doveva subentrare una persona a lui vicina che era recentemente uscita dal carcere che aveva bisogno di lavorare: lo “zio Ciccio”. Al rifiuto del titolare della ditta, Glaoui gli disse che qualora non avesse acconsentito a fare intervenire questa persona nei lavori di scavo lo avrebbe dovuto far intervenire nell’ambito di altri cantieri perché “loro” non avevano problemi legati alla zona e potevano lavorare in tutta la città e nella provincia. Qualche tempo dopo, all’imprenditore fu detto di consegnare 3.500 euro. Mancuso disse che “suo compare Ahmed” era male intenzionato nei suoi confronti e che i 3.500 euro avrebbe dovuto portarli a lui, ovvero ad Ahmed. Il tunisino, in un incontro, gli disse che doveva pagare altrimenti gli avrebbe “scippato la testa”. In una successiva conversazione Mancuso spiegò alla vittima che non aveva molte possibilità. “Te ne vuoi andare .. incompr.. vuoi morire o mi dai la piscina .. sono tre le cose .. non ce n'è più altri rimedi .. ora rimedi non ce n'è più!.. O te ne vai dai Carabinieri .. perché io ti faccio andare dai carabinieri come ..incompr.. quel sabato che hai chiamato i carabinieri .perché sei spione e carabiniere”.