PALERMO. Il giudice del tribunale di Palermo, Giuseppe Sidoti, si è riservato di decidere sull’istanza di fallimento del Palermo calcio presentata dalla Procura, secondo la quale la società sarebbe insolvente. I pm avevano presentato anche una memoria nei giorni scorsi per “rispondere” ai rilievi della difesa del Palermo. La decisione è attesa in giornata. Secondo i magistrati (che hanno avviato anche un’indagine penale a carico del proprietario del Palermo, Maurizio Zamparini, e altre sette persone per riciclaggio e autoriciclaggio) il club avrebbe falsato i bilanci, gonfiato il valore del marchio, fatto vendite fittizie. Tutto questo causerebbe l’impossibilità di coprire in futuro debiti stimati in 62 milioni di euro. Secondo i pm, il Palermo ha debiti per 62,9 milioni di euro cui 9,2 milioni nei confronti dell'erario e 280 mila verso istituti di previdenza e sicurezza, di cui 5 milioni non pagati; patrimonio netto negativo al 30 giugno 2017 di 18,3 milioni; la previsione dei flussi di cassa al 30 giugno prossimo è negativo (meno 27,7 milioni); c'è anche un omesso versamento di Iva per un milione e 800 mila euro. A rendere problematica la situazione contabile ci sono anche un “piano di ammortamento del debito erariale, pari a soli 8 milioni di euro al 30 giugno 2017, concluso a fronte dell'incapacità di sostenere l'unitario pagamento”, il pignoramento di 200 mila da parte di Riscossione Sicilia per un debito che la società ha nei confronti della Federcalcio e la revoca del fido bancario da parte di Unicredit. Di parere opposto i legali della società e il presidente Giovanni Giammarva. Il pool di avvocati - i legali Francesco Pantaleone, Francesca Trinchera e Gaetano Terracchio, a cui si sono aggiunti gli avvocati Francesco Paolo Di Trapani e Nicola De Renzis - il primo di Palermo e il secondo toscano - e Lorenzo Stanghellini, docente di diritto commerciale alla facoltà di Giurisprudenza di Firenze – ha presentato altri conti. La vicenda (anche quella penale) ruota infatti attorno alla cessione della Mepal. Il 26 giugno 2014 l'Us Città di Palermo conferisce a Mepal, amministrata dal figlio di Maurizio Zamparini, Diego Paolo, e partecipata al 100% dalla stessa società, il ramo di azienda per il merchandising. Il marchio viene valutato 23 milioni di euro. Cifra che scende a 17 milioni considerato il debito con Unicredit per il contratto di lease back del marchio. Il 30 giugno 2016 l'Us Città di Palermo vende tutte le partecipazioni di Mepal ad Alyssa, società lussemburghese riconducibile alla famiglia Zamparini. Il prezzo è fissato a 40 milioni di euro. Solo che, secondo i pm, Alyssa non ha onorato la prima rata, scaduta il 30 giugno 2017. Il Palermo ha però ribattuto di avere un accordo per il quale i pagamenti sono stati posticipati al 30 maggio 2018 e al 30 giugno 2019. A garantire per Alyssa c’è inoltre un'altra società dello stesso Zamparini, la Gasda spa, la grande scatola che contiene tutte le attività del gruppo che fa capo all'imprenditore friulano. Peraltro, secondo i consulenti di parte, non si è tenuto conto dei diritti televisivi collegati al marchio stesso. I consulenti di Zamparini dissentono dalla svalutazione del parco giocatori. Ritengono che valga 43 milioni di euro e non i 23 stimati dal perito dell'accusa. Una stima che non avrebbe tenuto conti dell'aumento di valore di calciatori come Rispoli, Cionek, Jajalo e soprattutto Nestorovsky che da soli garantiscono una plus valenza di quasi 15 milioni di euro. Inoltre non sarebbe stato preso in considerazione il valore di alcuni calciatori, probabilmente perché provenienti dal vivaio. È il caso di Simone Lo Faso che viene inserito nell'elenco dei giocatori ceduti. Ed invece si tratta di un prestito per 300 mila euro con diritto di riscatto in favore della Fiorentina fissato a 2 milioni e 700 mila euro. Soldi che non sarebbero stati considerati dall'accusa. Per quanto riguarda i 9 milioni di debiti tributari, il Palermo risponde di avere sempre pagato tutte le rate dei piani di ammortamento concordati con il fisco.