PALERMO. Il giudice della terza sezione civile del Tribunale di Palermo, Giuseppe Rini, ha condannato l'azienda sanitaria Villa Sofia Cervello e quattro medici a risarcire con 850 mila euro i familiari di Maria Grazia Li Vigni che a soli 32 anni è morta, il 6 gennaio 2012, dopo essere stata visitata e dimessa tre volte dal pronto soccorso.
Per la dottoressa Maria Antonietta Geraci, difesa dall’avvocato Francesco Pepe, il giudice ha respinto la richiesta di risarcimento.
Maria Grazia Li Vigni aveva subito un parto cesareo il 5 dicembre 2011. Per ben tre volte il 13, il 17 e il 26 dicembre del 2011 si era recata al pronto soccorso dell’ospedale Cervello perché accusava un dolore all’emitorace sinistro.
Sottoposta ad esame Ecografia, Rx torace e TC all’addome e, dopo una consulenza cardiologica e due consulenze pneumologiche, venne dimessa il giorno successivo con diagnosi di «addensamento polmonare sinistro». Il 6 gennaio 2012 la donna è morta improvvisamente a casa per cause che, a seguito dell’esame autoptico, sono state ricondotte ad un «arresto cardio-respiratorio conseguente a embolia polmonare massiva, con trombi a verosimile partenza dal distretto venoso del piccolo bacino».
«La sussistenza di una responsabilità dei sanitari in relazione alla morte della giovane - si legge nella sentenza - emerge inequivocabilmente dalle risultanze della consulenza medico-legale».
Per il consulente pochi i dubbi sulle responsabili dei medici che del pronto soccorso e gli specialisti a cui sono state affidate le consulenze. «Risulta sorprendente che nessuno dei diversi sanitari che ha visitato la signora Li Vigni fra il 26 e il 27 dicembre - scrive il consulente - abbia preso in considerazione l’ipotesi di fatti trombo-embolici che, considerata la storia clinica della paziente, reduce da recente parto cesareo per estrazione di feto morto, era assolutamente plausibile».
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