PALERMO. E’ stato condannato a quattro anni – come aveva chiesto il pm Renza Cescon - Pietro Sclafani, il pirata della strada che investì Tania Valguarnera il 17 maggio del 2015, mentre di domenica andava a lavorare in un call center. Sclafani, accusato di omicidio colposo e omesso soccorso, era stato arrestato poche ore dopo l'incidente, individuato grazie alle telecamere di sorveglianza presenti in via Libertà. Si ipotizzò che potesse essere alla guida sotto l'effetto di droga, ma poi i test lo hanno escluso. Così come, da alcune perizie, sarebbe emerso che l'uomo non superasse i 50 chilometri orari quel giorno, eliminando così pure l'ipotesi dell'alta velocità. Scartata, poi, attraverso i tabulati telefonici, anche quella secondo cui Scalfani sarebbe stato al cellulare mentre era al volante. Il processo era partito in tempi brevissimi, ma si era bloccato in attesa della decisione da parte della Corte Costituzionale sulla questione sottoposta alla Consulta dal tribunale di Palermo, dopo l'esplicita richiesta da parte della difesa dell'imputato. La richiesta riguarda un aspetto molto tecnico: la possibilità (non prevista dal codice) di citare anche in un processo che si svolge con il rito abbreviato - come questo - il responsabile civile, colui cioè che dovrebbe materialmente pagare i danni ai parenti della vittima (in questo caso l'assicurazione di Sclafani), costituiti con gli avvocati Ennio Tinaglia, Roberto Bocina e Giuseppe Di Gesare. Secondo la difesa, questo avrebbe determinato dei pregiudizi per alcuni diritti garantiti dalla Costituzione. La Consulta ha giudicato però la questione non fondata perché in ogni caso anche se l'imputato venisse condannato a risarcire i danni potrebbe sempre rivalersi sull'assicurazione con un'azione civile.