PALERMO. Il boss mafioso Totò Riina si è presentato davanti ai giudici di Palermo in videoconferenza dall'ospedale di Parma per seguire l'udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia, come ieri (nel processo a Firenze sulla strage del treno 904) era disteso su una barella. Riina è detenuto a Parma dal 2013, ed è da 24 anni in carcere. La presenza oggi, in videoconferenza, del capo di Cosa Nostra segue le polemiche dei giorni scorsi, dopo che la Cassazione ha in qualche modo aperto al differimento della pena per lui, ormai ottantaseienne e con diverse gravi patologie, annullando un provvedimento del Tribunale di Bologna su un ricorso dell'avvocato di Riina e rinviando la decisione al tribunale di sorveglianza che dovrà decidere sulla richiesta del difensore del boss, finora sempre respinta. Il processo è stato rinviato a domani per l'assenza dell'imputato Mario Mori. Nel frattempo, il boss di cosa nostra ieri ha assistito in barella, collegato in videoconferenza dal carcere di Parma, all'udienza davanti alla corte d'assise d'appello di Firenze dov'è imputato come mandante della strage del rapido 904 dove morirono 16 persone e 260 furono i feriti. Nel 1989 vennero condannati all'ergastolo Pippo Calò, cassiere delle cosche palermitane, e Guido Cercola, mentre altri personaggi, alcuni legati alla banda della Magliana, furono condannati a pene inferiori. Proprio le polemiche, forse, hanno fatto crescere l'attenzione su quell'uomo steso in barella, con a fianco due agenti della polizia penitenziaria, costretto a un certo punto, con un filo di voce, a intervenire nel microfono per smentire quanto un agente stava dicendo.
Parole respinte dai familiari delle vittime. La presidente dell'associazione strage 904, Rosaria Manzo, che aspetta giustizia "dopo 33 anni" dai giudici fiorentini, certa della condanna di Riina (la sentenza dovrebbe esserci il prossimo 21 giugno), sull'ipotesi di scarcerazione non ha dubbi: "E' ancora pericoloso, deve restare al 41 bis. Sarebbe uno schiaffo all'Italia". Opinione condivisa dalla presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, perchè Riina "è stato ed è ancora il capo di Cosa nostra, non ha mai rinunciato a essere mafioso", ha detto ricordando che si trova "in una struttura d'eccellenza", dove viene assistito e curato. E se l'Osservatorio dell'Unione della Camere penali critica il procuratore Nicola Gratteri, per il quale 'deve morire in carcere come gli altri boss', il leader del movimento antimafia 'Ammazzateci tutti', Aldo Pecora, si dice pronto a fare lo sciopero della fame se dovesse essere scarcerato. Sul caso ha parlato anche Beppe Grillo: "Ho cose da dire, ma non posso passare attraverso la vostra intermediazione". Cianferoni, da parte sua, non se l'è presa con i familiari delle vittime, e neppure con la procura ("sono i miei avversari e li rispetto"), ma piuttosto con i colleghi avvocati che negli ultimi giorni hanno detto a più riprese che deve 'morire in carcere'. "Ma che avvocati sono, quale esempio per i giovani?", ha tuonato ricordando che Riina è stato assolto in molti altri procedimenti a partire da quello di Carmine Pecorelli, "che come questo era un processo politico". Gli avvocati di parte civili, i familiari e l'associazione Libera oltre alla Regione Toscana, come già il sostituto procuratore generale Vilfredo Marziani e la pm Angela Pietroiusti hanno chiesto la condanna di Riina