PALERMO. La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma, che ieri aveva concesso un permesso di soggiorno umanitario a Khadiga Shabbi, la ricercatrice libica condannata a Palermo per istigazione al terrorismo a un anno e 8 mesi, ha fatto marcia indietro. Con un provvedimento, emesso questa mattina, ha addebitato a un errore materiale il riferimento al permesso di soggiorno umanitario. L'invito a correggere, quello che aveva definito un provvedimento "erroneamente concesso" a Shabbi, era arrivato ieri dal ministro dell'Interno Minniti che della vicenda aveva investito il questore di Roma. La commissione oggi ha, dunque, specificato che nel caso della ricercatrice universitaria si applica solo il principio del "no refoulement", il non respingimento nel Paese di origine, in cui si combatte una guerra civile e Shabbi rischierebbe la vita in caso di rimpatrio. In base a queste indicazioni la donna, che ieri sera ha lasciato il Cie di Ponte Galeria, dove si trovava dal giorno della condanna, per tornare a Palermo, non potrebbe rimanere in Italia, né tornare in Libia. Ma dovrebbe essere trasferita nell'ultimo Paese in cui è transitata prima di raggiungere l'Italia. Dopo la decisione della commissione, ieri, il ministro dell'Interno, Marco Minniti aveva chiesto al questore di Roma l'immediata revoca del permesso umanitario. Per la ricercatrice, infatti, secondo il Viminale "trova applicazione solo il principio di 'non refoulement' verso la Libia, cioè il divieto di espulsione nel paese di origine". La presa di posizione di Minniti è stata criticata dal legale di Shabbi, l'avvocato Michele Andreani, che ha definito "illegittimo" ogni provvedimento di revoca del permesso. Shabbi, ora, dovrebbe essere riportata al Cie di Ponte Galeria. La Digos ha prelevato Shabbi, da ieri tornata a Palermo dove aveva una borsa di studio all'Università, e l'ha portata in questura per notificarle un nuovo provvedimento. Lo rende noto il suo legale.