PALERMO. Sono finiti i tempi in cui, negli anni Settanta, il boss della Kalsa Masino Spadaro, grazie al business delle sigarette di contrabbando, diventò «l’Agnelli di Palermo». Non solo per i soldi a palate fatti con le «bionde» contraffatte, ma anche per aver creato un’industria dell’illecito capace di dare centinaia di posti di lavoro in una città che, da sempre, fa a pugni con la disoccupazione. Pur essendosi attenuato, l’affare dei pacchetti che non passano dal Monopolio e che costano meno non è mai morto, anzi. Nel 2016 ammonta a 376 chili la quantità di tabacchi privi di etichetta dello Stato sequestrata in città. Si registra un netto aumento rispetto ai 168 chili del 2014 ed ai 103 chili del 2015, mentre c’è una drastica diminuzione se l’anno di riferimento è il 2013 quando i sequestri arrivarono a 924 chili. I dati sono contenuti in un dossier su Palermo realizzato dalla Bat, British American Tobacco Italia, multinazionale che produce e commercializza oltre 25 marchi nazionali e internazionali. Lo studio di Bat, presentato ieri a Roma, ha incrociato i più recenti dati disponibili dell’Industria, della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. DAL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA. PER LEGGERE TUTTO ACQUISTA IL QUOTIDIANO O SCARICA LA VERSIONE DIGITALE