PALERMO. Per tre anni ha mandato lettere anonime alla Procura, alla guardia di finanza, ai carabinieri dove denunciava i presunti misfatti della vicepreside del liceo Umberto I, Maria Butera, e Gaetano Festa, dirigente amministrativo dell’istituto scolastico. Questa mattina il reo confesso Francesco Paolo Magno, assistito dall’avvocato Mario Bellavista, ha patteggiato la condanna a un anno e quattro mesi, pena sospesa, per calunnia. Erano tutte inventate le sue accuse.
Una decina gli “anonimi” in cui denunciava presunte appropriazioni indebite, truffe e mobbing. Tutto questo, ha spiegato, per “difendere” la figlia, insegnante al liceo Umberto, che sarebbe stata sfavorita nel calcolo della graduatoria d’istituto. Proprio la figlia di Magno fu la prima ad essere sospettata di aver mandato lettere anonime. Ma la macchina da scrivere con la quale furono vergati gli esposti si trovava invece a casa del padre e fu ritrovata dai finanzieri.
La donna era ignara del piano messo a punto dal padre, ormai anziano. Gli anonimi, una decina in tutto, sono stati inviati dal 2011 al 2014, ma sono stati presi in considerazione nel processo davanti al gup Fernando Sestito solo quelli del 2014 (quattro lettere) perché le accuse riferite agli anni precedenti si erano prescritte. In un caso, Magno, ispettore scolastico in pensione, si era finto rappresentante di arredi scolastici e denunciava presunte tangenti prese da Festa. Le due parti civili sono state difesa dagli avvocati Massimiliano Miceli e Roberto Tricoli.
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