PALERMO. Le firme ritenute false - ma anche in questo caso il giudizio degli esperti è di «parziale compatibilità» - sarebbero state apposte da quattro dei quattordici indagati: Samantha Busalacchi, Claudia La Rocca, Giorgio Ciaccio e Giuseppe Ippolito.
Per altri cinque dei coinvolti nell’inchiesta della Procura di Palermo, deputati e attivisti del Movimento Cinque Stelle, «nonostante si siano rilevate talune concordanze, non è possibile, allo stato delle indagini e considerati i campioni a raffronto, esprimere un giudizio di effettiva compatibilità con le sottoscrizioni apocrife». Potrebbe essere una magra consolazione, perché il reato contestato nell’indagine della Digos (avere ricopiato, e dunque falsificato, le firme a sostegno della lista del M5S alle amministrative di Palermo del 2012) non verrebbe consumato solo da chi materialmente avrebbe scritto ma anche da chi avrebbe deciso e partecipato a vario titolo al «disegno criminoso».
Se ci si sofferma però sulla materialità degli atti, stando alle conclusioni della consulenza dei professori Antonello Miranda, Giuseppe Sofia, Concetta Barbera e Antonio Sofia, che hanno lavorato su incarico dei pm, non c’è certezza che, fra gli altri, le due deputate nazionali Claudia Mannino e Giulia Di Vita abbiano ricopiato le firme «incriminate».
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